Calcio & Fisco: arriva la tassa “speciale” sul 15% dei compensi pagati dai club ai procuratori

Per chiudere i maxi-contenziosi aperti in questi anni sui soldi versati dalle società ai procuratori per gli acquisti dei loro assistiti (si pensi solo all’inchiesta della Procura e della Guardia di Finanza di Napoli avviata lo scorso anno sulle operazioni della società partenopea con procuratori stranieri e pagamenti “smarriti” su rotte sudamericane) interviene la Politica. Con un emendamento alla legge di stabilità presentato dal Partito democratico ed approvato in commissione Bilancio alla Camera si prevede, infatti, che il 15% dei compensi versati dai club ai procuratori sarà considerata come una parte extra dello stipendio complessivo del calciatore e quindi sottoposto a tassazione con l’aliquota massima applicabile. Da questo 15% potrà essere sottratta la somma che il calciatore dimostrerà di aver pagato al suo agente per la trattativa. Si tratta di una disposizione che si applicherà ai calciatori, così come ai tesserati di altre discipline delle società sportive professionistiche.
C’era anche una proposta alternativa, che non è passata in commissione, diretta a rendere indeducibile, e quindi a tassare, il 15% dei compensi corrisposti dalle società professionistiche agli agenti. In pratica, questi costi avrebbero potuto decurtare il reddito d’impresa solo nella percentuale dell’85% mentre la parte restante sarebbe stata preclusa sia per Ires che per l’Irap.

Il problema operativo che ha scatenato il Fisco su questo fronte nasce dal fatto che in Italia non è prevista, a differenza di quanto accade in altre Leghe, la doppia rappresentanza. I procuratori possono prestare la loro attività a favore del club oppure del calciatore (si firmano specifici moduli federali, “rosso” e “blu”). Tuttavia, l’attività degli agenti spesso è diretta a convincere entrambe le parti della trattativa sulla bontà di un affare e a favorire gli interessi sia del club che del calciatore. Per cui di frequente i procuratori si trovano ad essere a libro paga di entrambi. Molto più spesso poi sono le società, per prassi, ad accollarsi tutte le spese dell’intermediazione.
Va anche detto che, al di là di questa cornice giuridico-economica, secondo l’amministrazione finanziaria gestendo i pagamenti in questo modo, in molte circostanze ci sarebbe la volontà di tutte le parti di pagare meno tasse e di aggirare il Fisco. In effetti, i soldi che il club paga al procuratore sono considerati dai club come costi “inerenti” alla gestione aziendale e quindi abbattono integralmente l’imponibile. Con un altro “vantaggio” non da poco: pagando una quota dell’ingaggio concordato con l’atleta non direttamente a quest’ultimo sotto forma di stipendio, bensì come corrispettivo al suo procuratore, la società risparmia una quota supplementare di imposte, ricevendo come noto i calciatori ingaggi pattuiti al netto delle tasse.
L’emendamento appena approvato alla Camera perciò stabilisce un prelievo “automatico” per evitare queste presunte frodi sancendo, salvo prova contraria, che il 15% dei compensi versati dai club agli agenti dei calciatori rappresenta una parte dello stipendio di questi ultimi e quindi su queste somme va applicata l’aliquota Irpef più alta.

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    RAPPORTI AGENTI, CALCIATORI E FISCO: QUO VADIS?
    Giorni importanti nei rapporti tra Fisco e mondo del calcio. Di questi temi abbiamo discusso con il Dott. Mario Tenore, fiscalista in Milano. “In queste ore è sempre più insistente la voce secondo cui sarebbe prossima l’uscita di un documento interpretativo dell’Agenzia delle Entrate; una sorta di vademecum che dovrebbe contribuire a far chiarezza nei rapporti, non sempre idilliaci, tra club e Fisco. Il contenuto del documento è ufficioso, motivo per cui è opportuno rimandare qualsiasi considerazione al momento della sua pubblicazione ufficiale”. Il Dott. Mario Tenore segnala tuttavia un’ulteriore novità riguardante la categoria degli agenti e dei rapporti intrattenuti da questi ultimi con i club. “Nel disegno di legge di stabilità 2014, la Commissione bilancio della Camera ha approvato la scorsa settimana un emendamento secondo il quale una percentuale pari al 15 per cento dei compensi corrisposti dai club in favore degli agenti, per le attività di assistenza da questi rese, si considera in via presuntiva reddito ascrivibile al calciatore. Quest’ultimo potrà tuttavia limitare gli effetti dell’imposizione sull’extra-reddito scomputando dallo stesso la commissione eventualmente pagata all’agente nell’ambito della medesima trattativa. La tassazione incide il calciatore e, contrariamente a quanto riferito da alcune fonti, non si può dire che la proposta normativa suggerisca una tassa sui procuratori. Tutt’altro. Nelle ipotesi di ingaggio pattuito “al netto”, il prelievo è destinato a ripercuotersi sui conti dei clubs. La proposta normativa ha una chiara natura antielusiva e per comprenderla occorre precisare che, pur esistendo un divieto di doppia rappresentanza imposto dalle norme federali, spesso si contesta ai procuratori di agire, nell’ambito della medesima trattativa, a vantaggio del club e del calciatore incassando distinti compensi per le attività rese nei confronti di ambedue le parti del rapporto sportivo. Da questo filone nascono appunto le indagini della procura di Piacenza e da ultimo di quella di Napoli. Secondo il Fisco, parte dell’ingaggio, anziché essere corrisposto al calciatore, sarebbe pagato all’agente sotto forma di compenso per i servizi di assistenza resi in favore del club. Questo meccanismo, secondo il Fisco Italiano, è posto in essere per consentire alle società di calcio l’ottenimento di un duplice vantaggio (ossia la deduzione del compenso ai fini dell’IRAP e la detrazione dell’IVA applicata sulle stesso compenso); duplice vantaggio che non vi sarebbe se il compenso, anziché essere corrisposto all’agente, fosse corrisposto al calciatore sotto forma di ingaggio”. Così com’è scritta la norma desta, tuttavia, qualche incertezza interpretativa. “Se rimanesse così com’è – afferma il dott. Tenore – la norma solleverebbe seri dubbi interpretativi. In primo luogo, la proposta non ammette la prova contraria, vale a dire la possibilità per il calciatore di provare che i proventi corrisposti dal club all’agente non entrino nella sua effettiva disponibilità. L’assenza di prova contraria rappresenta una penalizzazione eccessivamente severa e, a mio avviso, presterà il fianco a forti dubbi di illegittimità costituzionale della disposizione. Non è chiaro inoltre se la parte di compenso qualificata come
    reddito del calciatore continui a rimanere tassabile anche in capo all’agente; in caso positivo si profilerebbe un discutibile fenomeno di doppia imposizione dello stesso reddito. Da ultimo, la norma non modifica il regime di deducibilità dei compensi (e di conseguente detraibilità dell’IVA da parte dei club) con la conseguenza – paradossale – che i clubs continueranno a rimanere esposti ai rischi di accertamento sui compensi corrisposti agli agenti pur se su tali compensi costituiscano reddito tassabile in capo agli agenti e ai loro assistiti. Riterrei – conclude il dott. Tenore – che il provvedimento meriti qualche riflessione più approfondita. Per il momento è una proposta di legge e non è escluso che sia modificata o che non riceva la definitiva approvazione”.

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    RAPPORTI AGENTI, CALCIATORI E FISCO: QUO VADIS?
    Giorni importanti nei rapporti tra Fisco e mondo del calcio. Di questi temi abbiamo discusso con il Dott. Mario Tenore, fiscalista in Milano. “In queste ore è sempre più insistente la voce secondo cui sarebbe prossima l’uscita di un documento interpretativo dell’Agenzia delle Entrate; una sorta di vademecum che dovrebbe contribuire a far chiarezza nei rapporti, non sempre idilliaci, tra club e Fisco. Il contenuto del documento è ufficioso, motivo per cui è opportuno rimandare qualsiasi considerazione al momento della sua pubblicazione ufficiale”. Il Dott. Mario Tenore segnala tuttavia un’ulteriore novità riguardante la categoria degli agenti e dei rapporti intrattenuti da questi ultimi con i club. “Nel disegno di legge di stabilità 2014, la Commissione bilancio della Camera ha approvato la scorsa settimana un emendamento secondo il quale una percentuale pari al 15 per cento dei compensi corrisposti dai club in favore degli agenti, per le attività di assistenza da questi rese, si considera in via presuntiva reddito ascrivibile al calciatore. Quest’ultimo potrà tuttavia limitare gli effetti dell’imposizione sull’extra-reddito scomputando dallo stesso la commissione eventualmente pagata all’agente nell’ambito della medesima trattativa. La tassazione incide il calciatore e, contrariamente a quanto riferito da alcune fonti, non si può dire che la proposta normativa suggerisca una tassa sui procuratori. Tutt’altro. Nelle ipotesi di ingaggio pattuito “al netto”, il prelievo è destinato a ripercuotersi sui conti dei clubs. La proposta normativa ha una chiara natura antielusiva e per comprenderla occorre precisare che, pur esistendo un divieto di doppia rappresentanza imposto dalle norme federali, spesso si contesta ai procuratori di agire, nell’ambito della medesima trattativa, a vantaggio del club e del calciatore incassando distinti compensi per le attività rese nei confronti di ambedue le parti del rapporto sportivo. Da questo filone nascono appunto le indagini della procura di Piacenza e da ultimo di quella di Napoli. Secondo il Fisco, parte dell’ingaggio, anziché essere corrisposto al calciatore, sarebbe pagato all’agente sotto forma di compenso per i servizi di assistenza resi in favore del club. Questo meccanismo, secondo il Fisco Italiano, è posto in essere per consentire alle società di calcio l’ottenimento di un duplice vantaggio (ossia la deduzione del compenso ai fini dell’IRAP e la detrazione dell’IVA applicata sulle stesso compenso); duplice vantaggio che non vi sarebbe se il compenso, anziché essere corrisposto all’agente, fosse corrisposto al calciatore sotto forma di ingaggio”. Così com’è scritta la norma desta, tuttavia, qualche incertezza interpretativa. “Se rimanesse così com’è – afferma il dott. Tenore – la norma solleverebbe seri dubbi interpretativi. In primo luogo, la proposta non ammette la prova contraria, vale a dire la possibilità per il calciatore di provare che i proventi corrisposti dal club all’agente non entrino nella sua effettiva disponibilità. L’assenza di prova contraria rappresenta una penalizzazione eccessivamente severa e, a mio avviso, presterà il fianco a forti dubbi di illegittimità costituzionale della disposizione. Non è chiaro inoltre se la parte di compenso qualificata come
    reddito del calciatore continui a rimanere tassabile anche in capo all’agente; in caso positivo si profilerebbe un discutibile fenomeno di doppia imposizione dello stesso reddito. Da ultimo, la norma non modifica il regime di deducibilità dei compensi (e di conseguente detraibilità dell’IVA da parte dei club) con la conseguenza – paradossale – che i clubs continueranno a rimanere esposti ai rischi di accertamento sui compensi corrisposti agli agenti pur se su tali compensi costituiscano reddito tassabile in capo agli agenti e ai loro assistiti. Riterrei – conclude il dott. Tenore – che il provvedimento meriti qualche riflessione più approfondita. Per il momento è una proposta di legge e non è escluso che sia modificata o che non riceva la definitiva approvazione”.

  • m.bel. |

    Uno dei motivi e’ che non di rado i procuratori percepiscono all’estero i compensi e di tasse in Italia non ne versano sostanzialmente. Comunque vedremo se nel passaggio in aula L’emendamento troverà conferma

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