Nuovo San Siro: un muro del 1926 può bloccare per almeno 4 mesi il progetto di Inter e Milan

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L’iter amministrativo del nuovo stadio a San Siro rischia di rimanere bloccato da un muro del 1926 lungo circa sette metri. È l’effetto paradossale, e spesso perverso, dell’intreccio fra l’(in)decisione politica e il reticolo burocratico che asfissia l’Italia. E che può costare il rallentamento di preziosi investimenti esteri, riducendo ancora di più l’appeal del mercato nazionale, anche nell’area teoricamente più dinamica del paese.

La strettoia. Inter e Milan nei prossimi quattro mesi si ritrovano nella scomoda posizione di dover rivedere “al buio” il masterplan proposto al Comune di Milano secondo le stringenti condizioni fissate dal sindaco e dagli organi politici di Palazzo Marino. Per effetto di un provvedimento (l’articolo 14 del D.P.C.M. 19 giugno 2019, n. 76) entrato in vigore il 22 agosto 2019 succede infatti che la “Direzione Generale Archeologia Belle Arti e Paesaggio del MiBACT”,  abbia assunto “poteri di coordinamento e controllo anche in materia di tutela dei beni architettonici nei confronti della Sovrintendenza della Città Metropolitana”.

Questo comporta che la Sovrintendenza milanese si ritrovi scalzata nelle sue competenze e a decidere sull’esistenza di un “vincolo architettonico” su San Siro debba essere l’ufficio romano del ministero dei Beni culturali. Il quale avrà 120 giorni per rispondere alla richiesta del Comune di Milano. Quindi da quando partirà la lettera da Palazzo Marino alla Direzione Generale Archeologia Belle Arti e Paesaggio potrebbero passare 4 mesi. E alla fine dell’istruttoria quest’ultima potrebbe sancire che sullo stadio Meazza esiste per l’appunto un vincolo architettonico tale da stoppare il progetto ovvero costringere a un’ulteriore revisione per salvaguardare il valore storico dell’impianto.

Ma di quale valore architettonico si sta discutendo? La stratificazione dello stadio milanese con tre livelli sovrapposti dagli anni Trenta agli anni Novanta potrebbe costituire perciò un altro ostacolo. Soprattutto per le parti più risalenti. Il problema tuttavia non si è posto in questi anni in cui lo stadio è stato pure oggetto di profondi interventi di miglioramento, specie in occasione della finale Champions del 2016 quando è stato necessario adeguarlo agli standard Uefa. Durante questi lavori le parti murarie più antiche hanno subito un restyling importante senza che sia sorto alcun intoppo. Oggi resta visibile perciò solo un muro esterno del 1926 lungo circa sette metri. E su questo pezzo di antiquariato immobiliare si è acceso ora il faro dell’interesse artistico-architettonico.

 

Lo stallo politico. I due club non intendono rinunciare a San Siro (anche se il piano B di un nuovo impianto nell’area ex Falk a Sesto San Giovanni a questo punto è più di una suggestione). Soprattutto non vogliono prestare il fianco all’accusa “mediatica” di aver rinunciato al sito attuale. La partita in effetti si sta giocando molto su questo piano, anche perché sullo sfondo delle scelte della Giunta Sala si stagliano le elezioni del 2021 come snodo cruciale. L’abbattimento di San Siro appare da sempre come un deterrente con il pericolo di drenare consenso. Una peculiarità tutta italiana quella di temere di essere ricordati come quelli che hanno lasciato distruggere il vecchio stadio. All’estero molti sindaci sarebbero felici di passare alla storia semmai come coloro che hanno permesso l’edificazione del nuovo stadio!

Del resto, il “sì condizionato” espresso dal Comune sembra essere più il viatico di un lungo stallo, dettato dalla volontà di prendere tempo, che la premessa per arrivare in tempi record (sempre per l’Italia) al via libera al progetto.

Dire sì al nuovo San Siro, ma con l’obbligo di conservare l’attuale struttura, sia pure da “rifunzionalizzare”, non voler concedere più cubature rispetto a quanto previsto dai piani regolatori del territorio “temendo una cementificazione” e volere al tempo stesso aree verdi o pensare che i 90mila metri quadri che resterebbero a disposizione  per uffici, hotel e negozi – cioè per quelle opere compensative ammesse dalla legge sugli stadi per dare equilibrio finanziario all’intervento alla luce di investimenti esclusivamente privati da 1,2 miliardi – significa volere tutto e il contrario  di tutto. Cioè niente.

  • agostino ghiglione |

    Un muro del genere a Berlino passerebbe alla Storia.Per cui è il caso di dire ai legulei che che ” una risata vi seppellirà”

  • agostino ghiglione |

    Un muro del genere a Berlino passerebbe alla Storia.Per cui è il caso di dire ai legulei che che ” una risata vi seppellirà”

  • agostino ghiglione |

    Un muro del genere a Berlino passerebbe alla Storia.Per cui è il caso di dire ai legulei che che ” una risata vi seppellirà”

  • agostino ghiglione |

    Un muro del genere a Berlino passerebbe alla Storia.Per cui è il caso di dire ai legulei che che ” una risata vi seppellirà”

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