Imporre il pagamento dell’Irap sulle plusvalenze da calciomercato, per il
Fisco non è solo un’esigenza di equità. Se la Cassazione nei prossimi
mesi accoglierà il parere (n. 5285) del Consiglio di Stato che ha sancito
l’imponibilità dei guadagni legati alle cessioni dei calciatori potrebbero
scaturirne per le casse pubbliche entrate milionarie (si veda Il Sole 24 Ore di
ieri). Basta pensare ad alcuni tra i più clamorosi affari delle ultime sessioni
per farsene un’idea. Quando l’Inter nel 2010 ha venduto al Manchester City, Mario
Balotelli, ha realizzato una plusvalenza di oltre 21 milioni (la differenza tra
il valore dell’atleta iscritto a bilancio, poco meno di 500mila euro, e il
prezzo pagato dal City per il cartellino, circa 22 milioni). Applicando a questo
surplus l’aliquota base dell’Irap, pari al 3,9%, si ottiene un’imposta di circa
850mila euro. Analogamente, tassare ai fini Irap il guadagno percepito
dall’Inter dalla vendita di Ibrahimovic al Barcellona, nel luglio del 2009,
significa incassare poco più di un milione di euro (su una plusvalenza di oltre
26 milioni). E sempre a un’imposta intorno al milione si arriverebbe grazie
alle plusvalenze (al netto ovviamente degli ammortamenti già calcolati)
realizzate dal Milan e dal Napoli quest’estate per i passaggi di Thiago Silva e
Lavezzi al Paris Saint Germain. Il difensore brasiliano era stato acquistato
dal club rossonero per circa 10 milioni nel 2008 ed è stato ceduto per oltre 40
milioni. Mentre l’attaccante argentino, arrivato a Napoli nel 2007 per circa 6
milioni, è stato rivenduto per oltre 30.
Peccato, però, che di queste ricche plusvalenze in Italia se ne vedranno
sempre meno. La crisi del calcio tricolore sta portando a un generalizzato
impoverimento delle rose. I club che tradizionalmente “allevano” giovani
calciatori per poi cederli alle big, anzi, potrebbero essere ulteriormente
penalizzati da un prelievo Irap sulle transazioni. Proprio l’anomalo impatto
dell’Irap che colpisce componenti positive come gli introiti da botteghino, i
diritti tv e gli incassi pubblicitari, ma anche elementi negativi come le spese
per il personale, che non sono deducibili a fini dell’imposta regionale in
quanto i calciatori sono lavoratori dipendenti, finisce per rappresentare un
ulteriore gap per i club italiani. Le società chiedono perciò una maggiore
certezza del quadro normativo. Un’istanza di cui dovrà farsi carico il prossimo
presidente di Lega (che sarà eletto all’inizio del 2013).