La Premier League ha aggiornato per la stagione 2013/2014 le regole alle quali i club devono attenersi per tenere i conti in ordine e partecipare al campionato. Nonostante l’esplosione delle entrate, dovuta soprattutto ai nuovi contratti televisivi, con un fatturato complessivo che si avvicinerà ai 4 miliardi di euro, la Premier si dimostra molto sensibile alla conservazione dell’equilibrio economico-finanziario in linea con la normativa sul fair play finanziario. Anzi con regole che, almeno in via teorica, sembrano più “intelligenti” e flessibili del Ffp targato Uefa.
Dunque, a partire dalla stagione in corso le squadre che hanno un costo del lavoro superiore ai 62 milioni di euro potranno incrementarlo fino ad un massimo di 4,7 milioni di euro a meno tale differenza non derivi da contratti stipulati prima del 2013.
L’eventuale differenza andrà pagata coperta o con aumenti di ricavi che non derivino dalla vendita dei diritti TV (matchday, merchandising) o con un attivo di calciomercato legato al cosiddetto “players’ trading” (concetto che più in generale riguarda la gestione contabile degli atleti).
I presidenti della Premier League hanno deciso che i benefici derivanti dal forte aumento dei diritti TV non devono essere usati (se non in minima parte) per aumentare gli stipendi dei calciatori, come invece è tradizionalmente accaduto in passato. Si è scelto questa disciplina anziché quella Uefa che impone di avere un costo del lavoro inferiore al 70% del fatturato annuale.
Il limite di incremento salirà a 9,5 milioni di euro per chi avrà un costo del lavoro sopra i 66,6 milioni nella stagione 2014/15 e a 14 milioni di euro per chi avrà un costo del lavoro superiore a 71,4 milioni nel 2015/16. Il parametro di base per calcolare gli aumenti sarà il livello del costo del lavoro della stagione 2012/2013.
Per quanto riguarda la regole del Break-Even Rule con un meccanismo in questo caso simile al financial fair play Uefa, i club dovranno presentare annualmente, la prima volta il 1° marzo 2016, i propri conti riclassificati per un triennio (a partire dalla stagione 2013/14). Sarà ammessa una perdita massima di 17,8 milioni di euro (15 milioni di sterline) nel triennio. Una ulteriore soglia di perdite è stata fissata a 107 milioni di euro (90 milioni di sterline) sempre nel triennio. In questo caso, la proprietà è obbligata a ripianare la perdita.
Superati i 125 milioni di euro di perdita complessiva, o in assenza di ripianamento della perdita eccedente, la Commissione di controllo sui conti potrà sanzionare la società. Le sanzioni vanno dal blocco del mercato in entrata a multe o a penalizzazioni in classifica.
La Premier league ha anche ha anche pensato ai possibili raggiri delle norme, in particolare per le cosiddette “operazioni con parti correlate”. Qui si è fatto ricorso ai criteri Ifrs/Ias (i principi contabili internazionali) applicati anche in sede Uefa, per cui le transazioni tra il club e una “parte correlata” (un’azienda che appartiene alla stessa proprietà o gruppo, per esempio) devono essere misurate alla luce del cosiddetto “fair value”, vale a dire a quel valore che la transazione avrebbe avuto se si fosse tenuta fra due soggetti indipendenti.