L’inverno si abbatte anche sul campionato di calcio italiano. E, come ben sanno i (sempre più pochi) tifosi che si avventureranno allo stadio per seguire i propri beneamini nei prossimi mesi, ogni volta sarà un calvario, in balìa di neve, gelo e pioggia, nello scarso confort che offrono gli impianti sportivi italiani, i quali in media, vale la pena ricordarlo, hanno 62 anni. L’ammodernamento delle infrastutture sportive necessario ed auspicabile anche per rilanciare il comporto edilizio qualche settimana fa era finalmente (ri)entrato nell’agenda del Governo. Il premier Enrico Letta, dopo il fallimento dell’iter della “legge sugli stadi” nella scorsa legislatura, si è impegnato infatti con il Coni a tradurre in un emendamento alla Legge di Stabilità un provvedimento per accelerare le procedure di realizzazione e/o ristrutturazione di palestre, palazzetti e stadi. Il ministro per gli Affari regionali con delega allo Sport Graziano Del Rio aveva tenuto fede all’impegno portando in dote al testo di legge all’esame del Senato un articolato ben equilibrato, diretto a favorire “la realizzazione di nuovi impianti sportivi ovvero l’ammodernamento di quelli già esistenti, una semplificazione delle procedure amministrative, corredata da modalità innovative di finanziamento dirette ad assicurare l’equilibrio economico finanziario dei progetti promossi”, a tutti i livelli (non c'è in ballo solo alla Serie A).
Il tiro al bersaglio. Prim’ancora che venisse formulato ufficialmente si sono levate le grida degli ambientalisti (e non solo) che hanno denunciato i rischi di "cementificazione selvaggia" che il provvedimento si porterebbe dietro. Tant’è che il Governo ha dovuto riformulare il testo, rivederne la portata e in definitiva ripiegare sensibilmente rispetto all'originale, coraggioso, tentativo di sbloccare l’impasse dell’intero sistema sportivo italiano (le misure avrebbero trovato applicazione e dovrebbero ancora trovare applicazione per tutte le 45 Federazioni, riguardando strutture con capienza a partire da 500 posti indoor e 2000 all'aperto) e nello stesso tempo di dare un contributo importante al mercato delle costruzioni.
Qual è la pietra dello scandalo? La disciplina originariamente pensata dal Governo, a fronte delle scarse risorse pubbliche a disposizione (10 milioni nel 2014, 15 milioni nel 2015 e 20 milioni per il 2016) stabilisce che l'iter amministrativo debba avere termini perentori per gli enti territoriali che dovranno concedere autorizzazioni e via libera in 14/15 mesi, inclusi quelli relaviti all'impatto ambientale, salvo il potere di sostituzione della Presidenza del Consiglio in caso di ritardi ingiustificati. I progetti dovranno essere finanziati prevalentemente dai privati con una "clausola di compensazione". L'emendamento dispone(va) in effetti che "l'intervento possa prevedere uno o più impianti sportivi nonché insediamenti edilizi o interventi urbanistici, entrambi di qualunque ambito o destinazione, anche non contigui agli impianti sportivi". L'intervento edilizio compensativo, naturalmente, indicato dal Governo non vuole dare il là a una cementificazione selvaggia ovvero a speculazioni ma deve essere "funzionale al raggiungimento del complessivo equilibrio economico-finanziario dell'intervento e concorrente alla valorizzazione in termini sociali, occupazionali ed economici del territorio di riferimento". Viene rimesso perciò alle valutazioni dei Comuni e delle Regioni la concessione di varianti ai piani urbanistici a favore dei finanziatori o dei promotori del progetto che garantiscano compensazioni economiche rispetto all'investimento nell'impianto sportivo. Una valutazione che sarà semplice quando si tratta di palestre o stadi in piccole realtà volti a promuovere lo sport di base. Più complessa quando si tratterà di soppesare l'impatto “sociale” di uno stadio di proprietà di una società di serie A al fine di determinare le misure urbanistiche/edilizie finalizzate a compensare lo sforzo economico di club e finanziatori. Ma non erano previste deroghe alle ordinarie forme di controllo connessi agli interventi urbanistici.
Le correzioni. Ora, stando alle ultime indiscrezioni, il testo sarà rimodellato: si parlerà di “interventi su impianti sportivi e su annessi funzionali, commerciali e di servizi”, mentre i promotori del progetto potranno presentare “a corredo” un “piano contenente presupposti, condizioni e interventi da definire in accordo con la Pa”. Cosa significhi tutto ciò non è facile decriptarlo. Se non che la sensazione di avviarsi velocemente verso l’ennesima occasione mancata si fa sempre più forte con il passare delle ore.
Le Olimpiadi del 2024. Tutto ciò nei giorni in cui a Roma si è appena conclusa la due giorni in cui il Coni ha fatto da padrone di casa con i vertici dello sport europeo, fra i quali 30 membri del Comitato olimpico internazionale (Cio) che fra circa quattro anni saranno chiamati ad esprimere la propria preferenza sulla sede delle Olimpiadi del 2024. E Giovanni Malagò il presidente del Coni si lanciava in ottimistiche dichiarazion (“ci sono molte più chance di candidarsi alle Olimpiadi”).
Arsenal docet. Pianificando la costruzione dell'Emirates Stadium, a partire dal 2002, il club londinese ha anche programmato la costruzione di alcuni comlpessi residenziali (“Drayton Park”, “Highbury Square” e "Quensland Road”) nell'area ricavata dalla demolizione del vecchio Highbury. Comlpessi destinati a finanziare l’investimento e a riqualificare l’area urbanistica intorno al nuovo impianto sportivo. Una parte importante della riconversione immobiliare è rappresentata proprio dal progetto "Highbury Square” inaugurato il 24 settembre 2009 alla presenza di Arsène Wenger che comprende oltre 650 appartamenti. L'Arsenal ha incassato in questi 10 anni oltre 500 milioni di euro (vendite e cantieri non sono ancora esauriti).