Nonostante la Grande Crisi, il Pil stagnante, i noti problemi organizzativi e le carenze strutturali, i ricavi aggregati del Calcio italiani Spa sono cresciuti dai 2,3 miliardi di euro del 2007 ai 2,7 del 2013. Un +16% ottenuto anche grazie a una “spendig review” del costo del lavoro ritornato nel 2013 ai valori del 2010 pari a 1,4 miliardi di euro, mentre nel resto d’Europa cresceva del +7%. Questo ha permesso di ridurre la perdita netta dei club del 27,7% passando dai 430 milioni del 2010-2011 ai 311 milioni di euro nel periodo 2012 2013.
È questo lo stato di salute di Serie A, B e Lega tracciato dal “ReportCalcio 2014” curato da PwC, Figc e Arel, e giunto ormai alla IV edizione, presentato oggi a Roma. Come sottolinea la relazione introduttiva di Emanuele Grasso, partner PwC, “la crescita del sistema sul fronte ricavi continua a essere principalmente alimentata dai media, che dal 2007 contribuiscono costantemente con circa un miliardo di euro annui, e dalle plusvalenze generate dalle cessioni di calciatori, cresciute del 65,9% rispetto al 2007. Ricavi da diritti TV e plusvalenze rappresentano, rispettivamente, circa il 38% e il 20% del totale dei ricavi aggregati. Insieme valgono il 58% del totale. Mentre le plusvalenze tenderanno nel breve termine a diminuire, poiché l’uscita di campioni internazionali dal nostro principale campionato si è quasi ultimata e difficilmente sarà costituita dalla creazione di valore di giovani talenti, è lecito chiedersi quanto sia ancora sostenibile la dipendenza da così forti fonti di ricavi televisivi. Il sogno è nelle mani di un numero ristrettissimo di media. Se dovessero valutare il loro investimento come non più profittevole o decidere strategicamente di non investire più nel nostro paese, il sistema sarebbe improvvisamente ridimensionato”.
Per questo, osserva Grasso, “delle misure di sicurezza vanno pensate e soprattutto pianificate. Si deve urgentemente disegnare un futuro sostenibile che sia indifferente a variazioni di scenari come quelli sopra ipotizzati. Lo si potrà fare continuando a contenere i costi, ridimensionarli ulteriormente, ma soprattutto creando valore nel mondo reale. Si deve necessariamente diversificare i ricavi dei club, riducendo il peso dei diritti TV in linea con paesi quali Germania e Spagna, e riportare i tifosi negli stadi: 22.591 è infatti la media dei tifosi italiani contro i 42.583 del campionato tedesco o 35.921 di quello inglese. Gli italiani che hanno assistito dal vivo a incontri e competizioni del calcio professionistico italiano nel periodo 2012-2013 sono stati 12 milioni, una riduzione del 6,4% rispetto al periodo precedente”.
Più nel dettaglio, i ricavi da stadio aggregati delle tre Serie ammontano nella stagione 2012/13 a 220 milioni (-4,1% rispetto alla stagione precedente), i ricavi da sponsor e attività commerciali a 386 milioni (-3,9%), i ricavi da diritti tv a 1.036 milioni (+4,6%), i ricavi da plusvalenze legate al calciomercato a 536 milioni (nella stagione 2011/12 erano stati pari a 537 milioni). Sul fronte dei costi, invece, gli ammortamenti sono stati pari a 608 milioni (-0,4%) e il costo del lavoro a 1.455 milioni (-3,3%). Il costo complessivo per il mantenimento delle squadre (ingaggi più ammortamenti) è stato dunque di 2.063 milioni. Il costo totale della produzione di Serie A, B e Lega Pro è stato nella stagione 2012/13 di 2.972 milioni (-1,5%) a fronte di un fatturato operativo di 2.159 milioni cui si aggiungono 536 milioni di plusvalenze, per un totale di entrate di 2.695 (+1,3%). Questi valori hanno portato a una perdita complessiva di 311 milioni (contro i 387 della stagione 2011/12), pari a una perdita media per club di 3,3 milioni (-3,8 nella stagione precedente).