In gioco non ci sono solo gli interessi del Calcio italiano Spa e quelli dei principali operatori pay-tv “tricolori”, Sky Italia e Mediaset Premium, ma, in qualche modo, la loro stessa permanenza nell’elite europea dei rispettivi mercati. Questo spiega le forti tensioni che hanno caratterizzato l’assemblea della Lega di Serie A che ieri avrebbe dovuto assegnare i diritti tv e che ha visto le due emittenti sfidarsi a colpi di diffide.
La decisione è così slittata a domani, penultimo giorno utile per decretare chi ha “vinto” l’asta per le partite di campionato nel triennio 2015/18. È comunque emerso tra i club un orientamento favorevole a “massimizzare” le entrate su cui domani appunto l’assemblea sarà chiamata a votare.
In pratica, si dovrebbe procedere a un’attribuzione “incrociata” dei pacchetti principali con le otto migliori squadre (incluse Juventus, Milan, Inter e Napoli): a Sky verrebbe dato quello per il digitale terrestre (denominato “B”) per cui ha presentato un’offerta di 422 milioni; a Mediaset andrebbe il pacchetto “A” dedicato al satellite per il quale sono stati offerti 350 milioni. Mediaset otterrebbe anche il pacchetto “D” con gli scontri diretti tra le restanti 12 squadre (tra cui la Roma), per cui era stata avanzata una proposta d’acquisto di 306 milioni che ha sbaragliato la concorrenza di Fox (180 milioni), Sky (150 milioni) ed Eurosport (140 milioni), ma che era condizionata alla conquista di uno dei due pacchetti principali. L’en plein, con la possibilità di trasmettere tutta la Serie A, costerebbe a Mediaset 656 milioni, circa 100 milioni in più di quanto Sky ha pagato nell’ultima stagione. Ma darebbe all’emittente della famiglia Berlusconi una posizione di supremazia nel calcio “pay”, avendo pochi mesi fa soffiato proprio a Sky i diritti tv della Champions per il triennio 2015/18 con 230 milioni annui.
L’assegnazione incrociata, che sarebbe propedeutica a uno “scambio” tra i due operatori tv, porterebbe nelle casse della Serie A la cifra record di 1.078 milioni. Cifra destinata a salire: dovranno essere rimessi in gara i diritti accessori (il pacchetto “D” con interviste, telecamere negli spogliatoi, eccetera) che avevano una base d’asta di 67 milioni e per quali sono giunte offerte non congrue e quelli del pacchetto “E” per le trasmissioni online andato deserto (base d’asta 109 milioni). Senza dimenticare i diritti internazionali oggi venduti a circa 120 milioni a stagione e quelli per Coppa Italia e Supercoppa (circa 25 milioni). Rispetto al miliardo incassato finora i diritti tv potrebbero fruttare oltre 1,3 miliardi, con un incremento del 30% che farebbe felici i club.
Molto meno Sky che ieri ha inviato alla Lega una “diffida” dal procedere in questa direzione: «Il rispetto delle regole è sempre fondamentale e in questa gara noi abbiamo fatto le offerte più alte». In serata è poi giunta la controdiffida di Mediaset alla Lega «a non tener conto della strumentale diffida intimata da Sky, procedendo alla serena e obiettiva valutazione delle offerte», aggiungendo «che non è lecito affidare a un unico operatore pay le 248 partite delle otto squadre di Serie A che da sole rappresentano oltre l’86% dei telespettatori tifosi italiani».
In effetti, Sky risulta aver depositato le buste più elevate: 357 milioni per il pacchetto “A” relativo al satellite e 422 milioni per quello “B” del digitale. Inoltre, l’emittente che fa capo al network di Rupert Murdoch, contesta l’indicazione di una condizione all’offerta Mediaset sul pacchetto “D”. Sky, «da più di 10 anni il partner principale della Serie A, avendo investito oltre 5 miliardi di euro», fa presente la necessità di dover «salvaguardare gli investimenti del nostro azionista» e di non poter accettare «che l’assegnazione avvenga secondo principi e ipotesi non regolari e non previste dal bando». Uno dei nodi da sciogliere riguarda la “no single buyer rule”. La legge Melandri stabilisce che «è fatto divieto a chiunque di acquisire in esclusiva tutti i pacchetti relativi alle dirette». Principio ripreso, anche in chiave antitrust, nell’invito ad offrire predisposto da Lega e dall’advisor Infront. Tuttavia, Sky ritiene che non sia vietata l’assegnazione congiunta dei pacchetti A e B e di non incorrere in questo divieto non avendo presentato offerte per il pacchetto online e avendone presentata una sotto base d’asta per il pacchetto D. Questioni complesse su cui presto potrebbe toccare a un giudice pronunciarsi.
(Dal Sole 24 Ore del 24 giugno)