Altro che sconto Irap. Per le società di calcio professionistico la legge di Stabilità per il 2015, se approvata nella formulazione appena presentata dal premier Matteo Renzi, riserva sorprese amare. Non solo non potranno beneficiare del taglio della componente costo del lavoro dall’imponibile Irap, ma anzi, dovranno pagare un’imposta ancora più salata. Lo sconto Irap annunciato in Finanziaria, infatti, è riservato ai dipendenti (e in calciatori lo sono) assunti con contratto a tempo indeterminato. Condizione che non attiene invece ai calciatori per i quali è possibile al massimo un contratto di 5 anni, quindi strutturalmente a tempo determinato.
Irap più salata. D’altro canto, la stessa Finanziaria, sempre nell’ottica di privilegiare il lavoro a tempo indeterminato, fa venire meno il vecchio “sconto” dl 10% sul cosiddetto “cuneo fiscale”, riportando l’aliquota Irap dal 3,5 al 3,9 per cento, per le società che hanno in organico lavoratori a tempo determinato. Non un salasso, ma certamente un aggravio per un settore che dovrà anche fare i conti con la “tassa sulla sicurezza” disposta con la conversione del Dl stadi, una cifra da 2 a 6 milioni di euro destinata a coprire i costi degli straordinari delle Forze di Polizia che prestano servizio durante le partite.
L’Irap manda in rosso Juve e Milan. I club italiani (gli ultimi dati ufficiali sono relativi all’anno d’imposta 2011) versano mediamente circa 40 milioni all’anno di Irap. Ben oltre l’80% è collegato al costo del lavoro dei calciatori (il resto dell’Irap si paga sul personale non tesserato, sugli oneri finanziari e in qualche caso sugli utili). In definitiva, lo sconto mancato per i club ammonta a oltre 30 milioni. Con buona pace di società come Juventus e Milan che a chiusura degli ultimi bilanci hanno rimarcato come fossero finite in rosso proprio per colpa dell’Irap. Nella nota al progetto di bilancio al 30 giugno 2014, la Juventus ha sottolineato, per esempio, “il pesante effetto negativo dell’Irap (7,2 milioni nell’esercizio 2013/2014 e 5,9 milioni nell’esercizio precedente) che penalizza fortemente le imprese con alti costi del personale (indeducibili ai fini di tale imposta), dando origine ad un prelievo fiscale non correlato all’effettivo andamento economico complessivo delle imprese stesse. Nel caso dell’esercizio in esame, chiusosi con un utile ante imposte di 0,1 milioni, l’Irap ha addirittura determinato la perdita a livello di risultato netto”. Mentre l’ad del Milan Adriano Galliani, in occasione del rendiconto al 31 dicembre 2013, ha denunciato come “il gap con i grandi tornei continentali si sta allargando anche perché scontiamo ritardi normativi, come la legge sugli stadi, e carichi tributari altrove sconosciuti. Pensate che abbiamo dovuto pagare l’Irap, un’imposta che vige solo in Italia, per oltre 7 milioni di euro, anche sulle plusvalenze”, chiudendo appunto il bilancio con una perdita di 6,9 milioni.