Il bilancio del Parma relativo alla stagione 2013/14, da poco depositato in Camera di commercio, svela molto del disastro finanziario del club, anche se non tutte le cause pur mostrando una perdita tutto sommato contenuta (-13,7 milioni). Ma le crepe (dei bilanci) si nascondono nei “dettagli”. In primo luogo, la valanga di debiti che si abbatte sul club parmigiano.
I debiti. Nell’arco di otto anni l’indebitamento lordo aumentato di oltre il 1200%, passando da 16,1 milioni a 197,4 milioni. Più nel dettaglio nel bilancio 2006/07 erano iscritti 16,1 milioni di debiti, in quello 2007/08 38,1, nel 2008/09 si sale a 86,2 milioni, l’anno successivo a 109 milioni, nel bilancio 2010/11 siamo già a quota 110 milioni, nel bilancio 2011/12 a 136,5 milioni, e nelle ultime due stagioni si “progredisce” fino ai 175,1 milioni del bilancio 2012/13 e ai 197,4 milioni dell’ultimo rendiconto. Al netto dei crediti iscritti nello stato patrimoniale (100 milioni) i debiti nel 2014 ammontano a 96,5 milioni e negli ultimi 12 mesi sono saliti di circa 22 milioni. Un’esposizione debitoria gonfiatasi senza che si siano riscontrati investimenti rilevanti sul fronte infrastrutturale ovvero sportivo. Nell’ultima stagione sono aumentate le “sofferenze” verso le banche (7,6 milioni) Mps, Ubi banca, Banca Monte Parma e Banco Popolare, gli istituti di factoring che hanno anticipato i soldi dei diritti tv (Mps per 16,8 milioni, Unicredit per 12 milioni e Ubi per 6 milioni), i fornitori (37,7 milioni), il Fisco (16,7 milioni, in particolare 8,4 milioni per ritenute Irpef e 7,2 milioni di Irap non versati) e il personale (12,9 milioni).
Le perdite. La gestione economica, inoltre, si è avviata in una spirale negativa quasi irrecuperabile. Il fatturato operativo del club nel 2014 è stato di 55,6 milioni: i diritti tv hanno fruttato 37,2 milioni, il botteghino del Tardini 4 milioni e l’area commerciale circa 7 milioni (1,7 milioni sono arrivati dallo sponsor ufficiale Vorwerk attraverso il marchio Folletto e 1 milione da quello tecnico Erreà). A fronte di queste entrate i costi del club sono stati pari a 111 milioni, con gli stipendi cresciuti da 43,5 a 52 milioni e ammortamenti per 22 milioni.
Le plusvalenze. A tenere in piedi la baracca, si fa per dire, sono state le plusvalenze registrate in bilancio per 47,5 milioni e legate a una trentina di cessioni più o meno illustri. Il passaggio di Belfodil all’Inter, ad esempio, ha procurato 9,1 milioni, quella di Nicola Sansone al Sassuolo 4,9 milioni, quella di Aleandro Rosi al Genoa 3,3 milioni, quella di Parolo alla Lazio 3,2 milioni, quella di Okaka alla Sampdoria 1,8 milioni e quella di Chibsah al Sassuolo di 3,7 milioni. Ci sono poi altre operazioni con calciatori meno noti, ma che hanno generato surplus rilevanti: Federico Davighi al Novara 1,2 milioni, Alessandro De Vitis alla Sampdoria 2,3 milioni, Sall Dembel al Bari 1 milione, Carlo Crialise al Cesena 0,9 milioni, Emmanuel Cascione al Cesena 2,5 milioni, Doumbia Abdou al Lecce 0,9 milioni, Gian Marco Ferrari al Gubbio 0,6 milioni.L’affare più redditizio è quello per Lorenzo Crisetig che ha trascinato un beneficio contabile di 8,1 milioni attraverso la risoluzione della comproprietà del giovane centrocampista a favore dei nerazzurri nell’ambito dell’operazione in cui invece i ducali hanno riacquistato l’intera proprietà di Ishak Belfodil.