La finestra estiva del calciomercato ha riportato alla ribalta la Serie A sulla scena europea. I club italiani hanno speso oltre 600 milioni superando quelli di Liga e Bundesliga, anche se con un saldo finale inferiore alle società iberiche, in quanto sono estate effettuate cessioni che hanno portato nelle casse dei team tricolori più di 500 milioni. La Premier anche in questa stagione l’ha fatta da padrone. La ricchezza delle squadre britanniche foraggiate dai ricchissimi contratti tv (con circa 3 miliardi di entrate all’anno) hanno speso nella campagna trasferimenti anche questa estate oltre un miliardo di con un defitic nella bilancia dei pagamenti di mezzo miliardo.
In Italia la spinta agli acquisti è arrivata dalla Juventus e dalla Roma, forti della confermata partecipazione in Champions dove potranno spartirsi, data l’eliminazione precoce della Lazio, l’incremento del 25% del montepremi, e dalle milanesi, che a tale traguardo agognano. La Juventus e il Milan sono le società che hanno speso di più in termini di saldo tra entrate e uscite (il deficit ammonta a circa 70 milioni) anche se gli acquisti non hanno soddisfatto i tifosi milanisti e il rendimento in campo delle nuove compagini affidate ad Allegri e Mihajlovic è per ora inferiore alle aspettative. Inter e Roma, dal canto loro, hanno operato brillantemente, ovviando alle restrizioni imposte dal fair play finanziario Uefa con una strategia giuridico/finanziaria che ha “dilazionato” nel prossimo biennio gli esborsi. Deludente rispetto alle attese delle tifoserie e alle lacune tattiche degli attuali organici il mercato di Napoli e Lazio, ma in qualche misura coerente con la “parsimonia” dei rispettivi presidenti.
Juventus. Dopo le partenze di Tevez, Pirlo e la cessione di Vidal la dirigenza bianconera ha operato sul mercato nell’ottica del rinnovamento generazionale non lesinando le spese grazie al surplus di introiti garantito dalla Champions (oltre 80 milioni per l’edizione 2015 e almeno 50/60 per quella 2016). Alex Sandro, Dybala, Mandzukic, Cuadrado, Lemina ed Hernanes e sono stati completati i riscatti di Rugani, Zaza e Pereyra. Inoltre nell’affare Tevez sono stati opzionati quattro promettenti argentini del Boca (in particolare l’attaccante Vadala). Tutto ciò con una spesa di 130 milioni. A questi vanno aggiunti altri eventuali 30 milioni che potrebbero uscire dalle casse della società bianconera per pagare i bonus legati a questi acquisti (8 milioni per Dybala, 2 per Hernanes) o per esercitare i diritti di acquisto (9,4 milioni per Vadala e 9,5 milioni per Lemina). Le cessioni tra gli altri di Vidal (40), Ogbonna (11), Berardi (10) e Coman (7 milioni per prestito biennale al Bayern Monaco) hanno portato nelle casse bianconere 78,5 milioni cui potrebbero sommarsi i 21 milioni che i bavaresi potrebbero/dovrebbero versare per riscattare definitivamente il giovane attaccante transalpino. Il saldo finale negativo per circa 70 milioni potrebbe in tal caso ridursi a 50 milioni per i club amministrato da Marotta e Paratici.
Milan. Il club rossonero ha speso oltre 90 milioni, incassandone poco più di una ventina (principalmente con il passaggio al Monaco di El Shaarawy che dovrebbe fruttare 15 milioni con l’esercizio del diritto di riscatto). Un lusso dopo le campagne trasferimenti delle ultime 3-4 stagioni imperniate su parametri zero e cessioni eccellenti. Sono arrivati Bacca, Luiz Adriano, Romagnoli, Bertolacci, Kucka e Balotelli (in prestito dal Liverpool). Il saldo negativo alla fine è stato di poco inferiore ai 70 milioni. Ma la delusione serpeggia tra i tifosi rossoneri e le prestazioni iniziali della squadra in campionato hanno fomentato il malessere. Del resto, fin dai primi giorni di mercato sono circolati nomi altisonanti di possibili rinforzi via via sfumati. Il budget di 100 milioni garantito di Fininvest nell’ambito della trattativa con la cordata cino-thailandese di mister Bee non è stato impiegato del tutto e, secondo molti addetti ai lavori, neanche in maniera soddisfacente. Le spaccature all’interno della società e il mai davvero chiarito rapporto con il gruppo Doyen, consulente “tecnico” di Taechaubol e rappresentante di molti top player, sembrano più che altro aver confuso le strategie del club e di Adriano Galliani, mai come in questa estate apparso in balia degli eventi (lo stesso è accaduto d’altro canto sul fronte stadio con il dietrofront sull’area del Portello). Qualcosa evidentemente non ha funzionato appieno. La fase di passaggio del 48% ai nuovi soci e la transizione che si prospetta in vista del closing del 30 settembre (in relazione al quale anche in queste ore giungono messaggi rassicuranti a dispetto della crisi finanziaria asiatica sopraggiunta in queste ultime settimane) e nei mesi successivi è oggettivamente delicata, ma non deve trasformarsi in un alibi. Saranno il campo, il nuovo assetto societario e il mercato di riparazione di gennaio forse a dare un senso più nitido agli eventi delle ultime settimane.