Il fondo di Dubai non versa la caparra, il Pisa ostaggio di una trattativa dai contorni sempre meno chiari

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Il fondo d’investimento Equitativa di Dubai replica alle accuse della famiglia Petroni, proprietaria del Pisa. In una lettera inviata ai romani da Abdul wahab Al-Halabi, amministratore del fondo, si spiegano i motivi del mancato versamento della caparra e della mancata costituzione di un deposito vincolato. “Vogliamo usare i soldi pattuiti – spiega il banchiere Pablo Dana, riassumendo la missiva – per sostenere il Pisa e non per arricchire i Petroni. I conti della società sono disastrosi. Pertanto la nostra offerta rimane di 5,5 milioni, quello che ci rifiutiamo di fare è di arricchire Petroni e la Britaly Post. Noi vogliamo usare questi fondi per risanare i conti, per poter dare lo sviluppo immediato per lo stadio e riportare serenità nell’ambiente. La famiglia Petroni e Britaly Post potranno recuperare ciò che hanno investito, ma ci rifiutiamo di essere noi quelli che arricchiscono i Petroni sulle spalle del Pisa”.

Intanto il club, in una lettera al sindaco Marco Filippeschi scritta dal giovane presidente Lorenzo Petroni, rispondendo alle sollecitazioni rivolte  dal primo cittadino, ha annunciato: “Diamo la nostra immediata disponibilità a effettuare tutti i lavori di nostra competenza allo stadio per l’adeguamento dagli standard della Serie B”. La spesa per gli interventi, che vanno dall’adeguamento della sala Gos alle torri faro area di gioco, è stimata in 600mila euro, dei quali almeno 200mila per l’adeguamento dell’illuminazione agli standard di Sky. Petroni ha anche chiesto al sindaco di poter firmare con il Comune “entro e non oltre la prossima settimana” l’assenso sul testo “concordato tra l’amministrazione e l’avvocato Guido Cecinelli lo scorso 16 agosto”. Se non ci saranno ulteriori intoppi il Pisa potrebbe tornare a giocare nel suo stadio entro la metà di novembre.

Sul passaggio al Fondo di Dubai del club si addensano dunque sempre più nubi. Lo scorso 13 settembre la società proprietaria della squadra, la Britaly Post, controllata dalla famiglia Petroni, si è rivolta al sindaco di Pisa Marco Filippeschi e al presidente della Lega di Serie B, Andrea Abodi, di fronte al mancato pagamento della caparra da parte del fondo d’investimento Equitativa di nell’ambito della trattativa per rilevare il 100% delle quote. “Il nostro gruppo – ha scritto nella lettera Lorenzo Petroni – ha accettato l’offerta vincolante formulata dal gruppo Equitativa il 4 settembre, che prevedeva, tra le altre cose all’art. 8, entro giorni 2 dalla sottoscrizione, il versamento dell’importo di 310 mila euro a titolo di caparra e l’ulteriore versamento della somma di 5 milioni e 190 mila euro da effettuarsi sul conto vincolato a garanzia di quanto pattuito. Nei giorni scorsi abbiamo ricevuto una missiva dell’avvocato Lorenzetti, legale di fiducia di Maurizio Mian, dalla quale apprendevamo che il pagamento dell’intera operazione sarebbe stato effettuato da Mian non direttamente dal fondo Equitativa. Apprendevamo, altresì, che Mian in assenza di adeguata contro-garanzia rifiutava di farsi garante dell’operazione considerando la stessa, in caso di inadempimento, ad alto rischio”.

“A questo punto – continua Petroni – è lecito chiedersi: le motivazioni per le quali il fondo Equitativa non verserebbe direttamente gli importi pattuiti; perchè allo stato attuale lo stesso non è in grado di garantire la restituzione degli importi, eventualmente, versati dal terzo garante Mian; se fosse stata a conoscenza del ruolo di garante di Mian nel momento in cui il 30 agosto scorso ci esortava, unitamente ad Abodi, a sottoscrivere l’offerta di vendita. Ben comprenderà dunque, nonostante le rassicurazioni fornite sia da lei che dal presidente Abodi il 30 agosto, che il tenore della missiva e il persistente inadempimento del fondo, non aiutano certamente a generare quel necessario clima di fiducia indispensabile per una rapida e veloce cessione delle quote della società AC Pisa 1909”.

C’è poi un passaggio della lettera che potrebbe aprire a nuovi scenari futuri. “Tenuto conto della massima considerazione nutrita nei suoi confronti da parte del nostro gruppo in considerazione del lavoro da Lei svolto per riportare in serenità la Pisa calcistica – sottolinea infatti Petroni – le rinnovo quanto già richiestole con la e-mail del 6 settembre, ovvero, di valutare soluzioni alternative in caso di acclarato e persistente inadempimento del fondo. Come abbiamo detto, e ritengo inconfutabilmente dimostrato, noi vogliamo vendere e anche al più presto. Abbiamo inoltre fatto presente che, nello spirito con il quale i primi di luglio in poche ore si risolse con il suo determinante contributo la problematica relativa alla fideiussione, una cordata guidata da affidabili esponenti locali da lei selezionati e coordinati, potrebbero offrire una soluzione sicura e veloce che consentirebbe anche a noi di essere più elastici con riferimento a tempi e modalità di pagamento. Ritengo che questa alternativa, qualora venisse meno l’offerta del fondo, potrebbe consentire un nostro rapido disimpegno e una reale assunzione di responsabilità da parte della nuova gestione resa ancor più indilazionabile dall’ennesimo richiamo del presidente Abodi riferito al completamento dei lavori dello stadio”.

Dal canto suo il sindaco di Pisa, Filippeschi, ha sottolineato: “Voglio pensare positivo e credere sempre nella buona fede di tutti. Di chi dice che vuole vendere e di chi afferma di voler comparare con un’offerta reale e supportata da atti concreti di 5,5 milioni di euro, sulla cui solvibilità si è speso in prima persona il presidente della lega, Andrea Abodi. Per certi aspetti delicati del confronto fra la parti, meglio la riservatezza dovuta e comprensibile che la trasparenza di un fallimento societario”. Il sindaco ha anche “valutato positivamente la conferma che il 17 settembre saranno a Pisa e vi resteranno alcuni giorni i principali responsabili del fondo: il banchiere Pablo Dana e Abdul wahab Al-Halabi, amministratore e firmatario delle proposte di offerta”. Tuttavia, ha concluso il primo cittadino, alcuni passaggi non sono più rinviabili: “L’anticipazione promessa di 310 mila dev’essere corrisposta, con l’apporto di Maurizio Mian o senza il contributo di Mian. Così come però le responsabilità del rischio di dissesto della società e dei drammatici ritardi della gestione sportiva sono in capo all’attuale proprietà, lavori per lo stadio in primis con i  relativi incombenti pericoli dovuti alla discontinuità della gestione. Infine, l’affermazione ripetuta pubblicamente e riscontrata nell’offerta del pagamento dell’intero corrispettivo (5 milioni e 500 mila) all’esito della due diligence e al passaggio del 100% delle quote poteva apparire una garanzia rilevante, soprattutto in assenza di altre offerte”.