La battaglia industriale e finanziaria tra Vivendi e Fininvest getta nuove ombre sui diritti tv del calcio e sul calcio tricolore. Ieri i francesi hanno annunciato di aver raggiunto il 20% del capitale di Mediaset. Mentre la famiglia Berlusconi studia le contromosse per bloccare la scalata del gruppo di Vincent Bollorè, la cessione del Milan diventa sempre più strategica perché darebbe alla Fininvest un bonus da 320 milioni, che si aggiungono ai 200 milioni di caparra già percepiti e ai circa 300 milioni di liquidità in cassa alla holding alla fine del 2015.
Bisognerà poi capire cosa avverrà nei prossimi mesi sul fronte dei diritti tv. All’orizzonte ci sono infatti le aste per acquistare i match della Serie A, della Champions e dell’Europa League per il triennio 2018/21. Attualmente i broadcaster italiani aggiudicatari, Sky e Mediaset Premium, versano complessivamente oltre un miliardo di euro a stagione. Un traguardo che prossimamente potrebbe risultare irraggiungibile.
Per la Champions 2015/18 Mediaset Premium paga 220 milioni all’anno. L’appeal della competizione si è impennato con la conferma da parte della Uefa della riforma approvata a settembre. Nonostante i maldipancia delle Leghe europee riunite nella Epfl, l’Italia avrà dalla stagione 2018/19 la possibilità di schierare quattro squadre ai gironi con 24 match garantiti in totale, contro i 12 attuali che vedono impegnate le due formazioni tricolori partecipanti.
Per l’appetibilità della Serie A invece molto dipenderà dagli investimenti dei nuovi proprietari cinesi e dal raggiungimento di un adeguato livello competitività da parte del maggior numero di team possibili. Ma fondamentalmente l’esito della aste sarà legato alla presenza di più operatori interessati al prodotto Calcio, dalle nuove piattaforme tecnologiche ai social network (proprio in questi gironi con un accordo con Sportradar, Sisal ha iniziato a offrire ai proprio clienti la possibilità di seguire in diretta streaming da pc, tablet e mobile tutte le partite della Serie A della stagione in corso e del campionato 2017/2018, oltre alla Bundesliga e alla Lega Pro, già disponibili sul Sisal Live Channel).
Mediaset Premium ora si trova assorbita nella disputa con Vivendi. Se dovesse venir meno la pay tv sul digitale terrestre – perché ancora bloccata dalla querelle con i francesi o perché inglobata dal competitor Sky, a sua volta impegnato nel riassetto globale della galassia Murdoch -, non ci sarebbero le condizioni per un rialzo dei prezzi. Anzi. Il monopolio di fatto di un solo operatore potrebbe condurre a una sensibile riduzione del valore dei diritti tv italiani, in controtendenza rispetto a quello che sta avvenendo nel resto del mondo.
Intanto, pochi giorni fa l’assemblea della Lega ha deciso all’unanimità la ripartizione dei proventi (1,2 miliardi, di cui circa 950 girati alle società) per questa e per la prossima annata. Dopo l’apertura della crisi di Governo appare poco verosimile che in Parlamento avanzi la riforma delle norme sulla vendita collettiva dei diritti tv delineate dalla Legge Melandri con il 40% diviso in parti uguali, il 30% in base ai bacini d’utenza e il 30% secondo i risultati sportivi. Per il surplus di ricavi rispetto alla stagione 2014/15 (69 milioni netti) si è deciso di applicare una distribuzione proporzionale tra le prime 10 della classifica con un milione a testa per le classificate tra la undicesima e la diciassettesima posizione. Gli introiti supplementari rispetto alla stagione 2015/16, pari a 25 milioni quest’anno e a 49 per l’annata 2017/18 saranno divisi invece in questo modo: il 40% sarà assegnato in parti uguali e il 60% alle squadre classificate tra la quarta la diciassettesima posizione.