Le polemiche del presidente del Napoli Aurelio De Laurentiis sull’esito della vendita dei diritti tv per l’estero della Serie A hanno davvero poco senso. Definire “mortificanti” i 340 milioni che Lega e Infront hanno fin qui ottenuto assegnando i diritti internazionali della Serie A all’americana IMG significa avere scarsa coscienza di quello che è l’appeal attuale del campionato italiano. Con pochissimi top player e senza Palloni d’oro in organico, con stadi mediamente impresentabili sul piano logistico e mezzi vuoti, con un equilibrio competitivo scarsissimo e una squadra che da oltre un quinquennio sovrasta le altre, aver sostanzialmente raddoppiato l’incasso se non è un miracolo poco ci manca.
Nella stagione in corso MP&Silva, che dal 2010 vinceva l’asta commercializzando nel mondo i diritti tv della Serie A, ai club andranno 190 milioni. Dalla prossima stagione e fino al 2021 alla voce diritti tv esteri le 20 società di A otterranno 371 milioni. Oltre ai 340 milioni del pacchetto globale, infatti, sono stati attribuiti sempre a Img i diritti connessi al betting per 12 milioni e i diritti per le comunità italiane all’estero a Rai International per 4,5 milioni. A queste somme si aggiungono 7 milioni per la fornitura del segnale e 8 milioni vincolati a investimenti per la promozione del campionato. Peraltro, la competizione promossa da Lega e Infront ha indotto gli altri partecipanti all’asta a presentare offerte economicamente molto alte. La stessa MP&Silva ha messo sul piatto circa 350 milioni, mentre Mediapro si è spinta fino a 315 milioni. Più indietro Perform, mentre beINSports per il solo Medio Oriente ha presentato un’offerta da 105 milioni.
Dal 2010 a oggi il valore dei diritti internazionali della Serie A è quadruplicato, da 90 a 370 milioni. Una crescita costante che permette al campionato italiano di sopravanzare la Bundesliga (che incasserà fino al 2021 circa 240 milioni a stagione) e la Ligue 1 francese (80 milioni all’anno fino al 2024). Resta il gap con la Premier e la Liga spagnola. Fino al 2019 il torneo inglese incamererà 1,3 miliardi di euro (erano 1,5 prima della svalutazione della sterlina post Brexit) e quello spagnolo 636 milioni. La Liga, spesso citata da De Laurentiis per lamentare l’arretratezza italiana, può però vantare oltre alle “regine” Barcellona e Real Madrid con i rispettivi condottieri dalla notorietà planetaria, Messi e Cristiano Ronaldo, l’Atletico Madrid cinese finalista Champions e titolare del nuovo stadio Wanda Metropolitano, il Siviglia vincitore dell’Europa League per tre anni di fila, e realtà come il Valencia, Villareal e Atletico Bilbao che poco o nulla hanno da invidiare ai club italiani di punta.
Per spremere di più dal mercato estero occorre confezionare un prodotto appetibile e concorrenziale, con stadi moderni, squadre con giocatori raffinati e popolari oltreconfine, match combattuti e giocati in orari compatibili con le fasce di maggior ascolto. Un palinsesto dunque pensato ad hoc per il pubblico internazionale prima che per le esigenze di quello nazionale, almeno per i team più blasonati. Non basta guardare l’erba del vicino e lamentarsi perché è più verde.