L’estromissione ai quarti di Champions contro l’Ajax potrebbe avere un impatto, tutto sommato, circoscritto sui conti juventini con un deficit di circa 60 milioni che non pregiudica la possibilità di avviare il bilancio verso un sostanziale equilibrio già alla fine di questa stagione, pur dovendo ricorrere a ulteriori cessioni.
Le strategie che la società guidata dal presidente Andrea Agnelli dovrà adottare nelle prossime settimane saranno in ogni caso cruciali per impedire che la debacle sportiva rallenti il percorso di riassorbimento degli investimenti realizzati sul mercato e del colpo Cr7 (che al 31 dicembre 2018 hanno accresciuto l’indebitamento finanziario da 310 a 384 milioni). L’inattesa sconfitta con gli olandesi è costata alla Juventus circa 40 milioni di mancati guadagni e un’ondata ribassista sul titolo, il peggiore in Borsa (all’inizio delle contrattazioni è stato addirittura sospeso) nel giorno successivo al ko con un calo del 17,6% a quota a 1,39 euro e 300 milioni di capitalizzazione “bruciati”, mentre l’Ajax ha registrato una performance positiva del 10 cento.
Il percorso in Champions ha permesso alla Juve di incassare quest’anno circa 94 milioni. Una somma che aggiunta agli introiti derivanti dalle sei precedenti partecipazioni alla massima competizione continentale porta i proventi europei dei bianconeri a 565 milioni. Nessuno ha fatto meglio. Il Real Madrid che nello stesso periodo ha vinto quattro edizioni della Champions si è dovuto «accontentare» di 463 milioni. Certo eliminare l’Ajax avrebbe assicurato alla Juve 12 milioni e la possibilità di portare a casa gli altri bonus elargiti dalla Uefa: 15 milioni per l’accesso in finale e altri 4 in caso di vittoria, più 3,5 milioni per la partecipazione alla Supercoppa Europea (a ciò va aggiunto un altro incasso top al botteghino da 5,5 milioni). Vincere la Coppa insomma avrebbe permesso al club, che sabato si appresta a vincere l’ottavo scudetto di fila, altri 40 milioni facendo schizzare i premi totali Uefa a quasi 130 milioni.
Risorse che avrebbero consentito di riallineare più velocemente i conti. A fine anno, in effetti, i costi complessivi della Juventus dovrebbero attestarsi sui 630/640 milioni. Dalla semestrale al 31 dicembre 2018, più nel dettaglio, i costi operativi risultano in crescita a 227 milioni (+27%) – con gli ingaggi del personale tesserato saliti a 143 milioni – mentre gli ammortamenti dei cartellini sono passati da 53,5 a 78 milioni. Incrementi dovuti in gran parte all’affare Ronaldo (circa 80 milioni all’anno tra stipendio, tasse e ammortamento).
L’effetto Cr7 sulle entrate, invece, come prevedibile, è più lento. I dati della semestrale, che risentono della stagionalità delle competizioni calcistiche, sono un riferimento parziale. In ogni caso, il fatturato operativo della stagione 2018/19 dovrebbe aumentare a 470/480 milioni rispetto ai 404 dell’esercizio precedente grazie all’incremento di quasi tutte le voci (Adidas ha versato un bonus di 15 milioni e dall’anno prossimo raddoppierà a 53 milioni le royalties per la Juve, mentre dal merchandising nel primo semestre 2018/19 sono arrivati 14,3 milioni di ricavi, con oltre 900mila magliette vendute, secondo stime però non ufficiali). Questo significa che esiste un potenziale gap tra entrate e uscite di 150/170 milioni di euro. Potenziale perchè il business model dalla Juventus ha reso il player trading una leva ordinaria: nelle finestre di mercato della scorsa estate e di gennaio 2019 sono stati inglobati già 80,5 milioni di plusvalenze e 27 milioni di proventi per i prestiti (18 milioni per Higuain raggranellati tra Milan e Chelsea).
Il rosso di bilancio al 30 giugno 2019 quindi, grazie ai risultati di queste operazioni, potrebbe essere di 60 milioni.
In realtà, la Juve, prima del 30 giugno, potrebbe ottenere altre plusvalenze e ridurre le perdite in modo da sforare i limiti del fair play finanziario che dal 2021 imporrà bilanci in pareggio. Qualcosa però dovrà essere rivisto nelle politiche bianconere: proprie ieri la Figc ha modificato le norme sul cosiddetto diritto di recompra (l’opzione per riacquistare a un dato prezzo un giocatore ceduto a un altro club), imponendo che la plusvalenza possa essere iscritta nell’attivo solo quando la facoltà si sia tecnicamente esaurita.