La Juventus dell’era Cr7 ha varato il più ingente aumento di capitale della storia del calcio italiano per 300 milioni di euro con una doppia finalità: far fronte a un forte bisogno di liquidità dovuto soprattutto all’aumento del costo della rosa, che tra ingaggi e ammortamento pesa intorno ai 500 milioni: rilanciare il piano di internazionalizzazione per sfruttare al meglio la leva di Cristiano Ronaldo.
La tensione finanziaria
Al momento la Juve, spiegano le note al prospetto informativo, sta affrontando “una situazione di tensione finanziaria non disponendo di capitale circolante sufficiente a far fronte al proprio fabbisogno finanziario” per i prossimi dodici mesi stimato in 148 milioni. Per colmare questo gap si utilizzerà circa la metà dell’aumento di capitale già approvato per complessivi 299.911.355,04. La Juve chiarisce che “nel caso di mancata esecuzione dell’aumento di capitale, di revoca degli affidamenti bancari e delle linee di credito disponibili e di mancata attuazione di ulteriori tempestive azioni volte a reperire risorse finanziarie in coerenza (per misura e tempistica) con i flussi finanziari in uscita previsti per prossimi dodici mesi, la prospettiva della continuità aziendale sarebbe compromessa”. Una eventualità del tutto teorica, ovviamente, posto che l’azionista di maggioranza EXOR, titolare del 63,8% del capitale sociale, si è già impegnato a sottoscrivere l’aumento per la sua quota e cioè per 191,2 milioni. A maggior ragione, il club precisa che potrebbe far ricorso a linee di credito già disponibili (non utilizzate per 150 milioni) ovvero cedere calciatori nelle prossime finestre di calciomercato. Come detto rispetto alla cifra raccolta la metà sarà destinata a “rimborsare debiti o finanziare impegni già assunti ovvero da assumere nei prossimi dodici mesi”. Al 30 settembre 2019 in effetti il capitale circolante netto, vale a dire la differenza tra attivo e passivo corrente che include i crediti e i debiti legati al calciomercato, risulta negativo per 124 milioni. A ciò si aggiungeranno impegni finanziari per altri 24 milioni: 8 per la gestione ordinaria; 7 per investimenti; e 9 imputabili a oneri finanziari e interessi passivi.
Il Piano di Sviluppo
La parte residua dell’aumento di capitale (ci sono 4,5 milioni di spese vive per l’operazione), quindi 147 milioni, sarà destinata a sostenete il Piano di Sviluppo e quindi a mantenere la competitività sportiva e a supportare la strategia commerciale diretta a incrementare i ricavi e la visibilità del brand nei mercati internazionali. La nota informativa emessa dal club analizza anche i “rischi connessi alla mancata attuazione del Piano di Sviluppo per gli esercizi 2019/20 – 2023/24”, approvato il 20 settembre scorso dal consiglio di amministrazione. Il Piano contiene “obiettivi sfidanti rispetto alla performance economico-reddituale degli ultimi due esercizi sociali” e prevede “di perseguire l’inversione del risultato netto (da negativo a positivo) entro la fine dell’orizzonte temporale del piano”. Vengono stabiliti per questo obiettivi sportivi minimi: gli ottavi di Champions e almeno il quarto posto in Serie A per essere sempre presenti nella massima competizione continentale. La Juve però fa sapere che tali target sono caratterizzati “da elevata aleatorietà ed esulano dal pieno controllo dell’Emittente. Pertanto il rischio di mancato raggiungimento degli obiettivi del Piano è molto elevato”.
La situazione dei conti
Al di là però di queste dichiarazioni che vanno interpretate in una ottica prudenziale e che sono di prassi in questo genere di report, la situazione dei conti bianconeri non è rosea. L’indebitamento finanziario lordo è salito a 585,2 milioni al 30 settembre 2019 rispetto ai 473,2 milioni di tre mesi prima. Inoltre il club presieduto da Andrea Agnelli ha chiuso il bilancio al 30 giugno 2019 con una perdita di 39,9 milioni, che fa seguito a un rosso 19,2 milioni nell’esercizio al 30 giugno 2018. Il trimestre al 30 settembre 2019 ha registrato una perdita pari a 19,2 milioni. Nei documenti depostati per l’aumento di capitale la società bianconera specifica poi che “l’andamento economico dell’esercizio 2019/2020 è previsto ancora in perdita e non si esclude che l’esercizio in corso possa chiudersi con una perdita maggiore rispetto a quella dell’esercizio 2018/2019”. Una eventualità, questa sì, che andrà gestita con cura nella prospettiva del fair play finanziario. La Juve ha chiuso gli ultimi due esercizi con “perdite prima delle imposte”, quelle tecnicamente rilevanti per la Uefa, per un totale di 36,8 milioni (26,8 nel 2019 e 10 nel 2018). Il limite ammesso dalla Uefa sul triennio è di 30 milioni di passivo. Ora è vero che da questo deficit vanno scorporati i cosiddetti “costi virtuosi” (tra cui vivaio, infrastrutture, settore femminile), ma un rosso rilevante nel 2020 da cumulare ai due precedenti (nell’esame della primavera 2021 che ha ad oggetto il triennio 18-20) potrebbe creare problemi. Per compensare questo rischio si punta sulla moltiplicazione dell’effetto Ronaldo che già nella prima stagione ha contribuito in maniera sensibile all’aumento degli introiti per oltre 50 milioni tra stadio e area commerciale (un milione di magliette vendute e ampliamento del bacino d’utenza social). La Juve sta lavorando affinché l’impatto sui conti bianconeri del campione portoghese sia ancora più remunerativo.