L’American Express Community Stadium, un impianto da 30mila posti, adagiato fra le colline con la sua caratteristica forma a volo di gabbiano (simbolo del club), è costato quasi 120 milioni di euro. È stato ultimato in due anni nell’estate del 2011. Per il centro di allenamento della prima squadra e dell’Academy, invece, con 15 campi da calcio, uffici e le strutture scolastiche per le giovanili, sono stati spesi circa 40 milioni di euro. I bulldozer per spianare il terreno e gli operai sono a lavoro per consegnarlo tra un paio di mesi.
L’investimento milionario in queste infrastrutture, progettate da Kss (azienda inglese che intanto è entrata in contatto con molte società italiane di A e B attraverso il Forum “FootballAvenue” di Ludovica Mantovani), non è stato pianificato dai ricchi club di Londra (Arsenal, Chelsea) o di Manchester (United, City), ma da un team che pochi anni fa militava in quella che in Italia ancora si chiamava Serie C, il Brighton & Hove Albion Fc, la squadra di una città di 150mila abitanti situata sulla costa meridionale dell’Inghilterra nella contea dell’East Sussex.
Il club, fondato nel 1901, a causa di gravi problemi finanziari ha arrancato per molte stagioni nelle serie minori, fino a quando nel 2009 è stato acquistato da Tony Bloom, un ex campione di poker che lo ha subito rinforzato e ha posto le basi per la promozione in Championship, la serie B britannica.
Brighton è la sede europea dell’American Express che ha fornito una parte delle risorse, acquistando i naming rights per 10 anni. Lo stadio del Brighton & Hove Albion ha una percentuale di occupazione di oltre il 90% a partita, 1200 persone assunte per farlo funzionare (erano 180 nel vecchio impianto cittadino), 2800 posti “hospitality members” e 23mila abbonati, 20mila dei quali hanno già rinnovato la tessera per il prossimo campionato che il team potrebbe disputare in Premier league. Intanto, gli incassi da matchday e la spesa pro capite dei supporter dei “Seagulls”, quadruplicati, sono già da massima divisione.