Gli allenatori italiani vanno di moda da un po’ di tempo. Una fuga di “cervelli” e di competenze che, in un settore sempre più globalizzato e pervaso da prettamente logiche economiche come quello sportivo, non sorprende. Tuttavia, messi in fila, i nomi dei tecnici italiani emigrati all’estero nella più svariate discipline (oltre ad essere un motivo di orgoglio) qualche preoccupazione la destano. Soprattutto ai vertici di Federazioni che vedono da un lato depauperare il proprio patrimonio tecnico e dall’altro soffrono di una progressiva riduzione dei contributi statali (già scesi da 480 a 400 milioni l’anno scorso e forse destinati a un’ulteriore sforbiciata con la prossima legge di Stabilità, anche se il presidente del Coni Malagò ha assicurato che tutto resterà così com’è almeno per quest’anno). Trattenere gli allenatori migliori costa, evidentemente. E l’Italia non può più permetterselo.
La punta di diamante di questa schiera di “talenti da panchina” emigrati all’estero sono i due tecnici che l’anno prossimo in Brasile guideranno le nazionali di Russia (Fabio Capello) e Giappone (Alberto Zaccheroni). Con Cesare Prandelli fanno tre. Circa il 10% dei “ct” che saranno presenti ai Mondiali di calcio in Sudamerica la prossima estate come per nessun altro paese, a parte l’Argentina che schiererà Josè Nestor Pèkerman sulla panchina della Colombia, Jorge Sampaoli su quella del Cile e Alejandro Sabella su quella dell’Albiceleste.
Ma i tecnici italiani sarebbero potuti essere quattro se l’Irlanda non avesse tradito il decano dei nostri mister, Giovanni Trapattoni, che insieme a Nevio Scala a metà degli anni Novanta ha inaugurato la moda dl made in Italy in panca, mancando la qualificazione. Aveva meno chance, ma ha fatto comunque un’ottima figura,l’Albania allenata da Gianni De Biasi. Mentre solo tre punti ha raccolta Malta guidata in panchina da Pietro Ghedin. Solo lo scorso giugno, invece, è stato nominato allenatore del Libano il “Principe” Giuseppe Giannini. Luciano Mancini invece allena il Gambia.
Ancora più prestigioso è l’elenco degli allenatori italiani che, ben remunerati, siedono sulle panchine di club stranieri: Claudio Ranieri (Monaco); Fabrizio Ravanelli (Ajaccio); Luciano Spalletti (Zenit San Pietroburgo); Roberto Mancini (Galatasaray); Gianfranco Zola (Watford). Una citazione a parte meritano i big Marcello Lippi (Guangzhou) e Carlo Ancelotti (Real Madrid) che con ingaggi da oltre 10 milioni di euro all’anno contendono a Josè Mourinho la palma dell’allenatore più pagato al mondo.
Negli ultimi anni sono moltissimi i tecnici italiani di altre discipline volati oltralpe non senza polemiche. Nella pallavolo, si possono citare i casi di Giovanni Guidetti, commissario tecnico della Germania, Andrea Anastasi della Polonia e Massimo Barbolini nuovo ct della Turchia femminile. Nel basket quelli di Sergio Scariolo, che dopo aver allenato la Spagna, ora si è accasato al club basco Saski Baskonia e di Ettore Messina, considerato il miglior allenatore del Vecchio Continente, guida il Cska Mosca. In Russia è emigrato anche il tecnico della scherma e olimpionico Stefano Cerioni, mentre il preparatore storico della marcia italiana Sandro Damilano è andato in Cina.