"Vedono i conti e scappano". La battuta che circola negli ambienti finanziari illustra solo in parte le ragioni dello stallo nelle operazioni di cessione dell'Inter. Anche il dossier che - tra i cinque-sei sul tavolo della presidenza nerazzurra – sembrava avere le maggiori credenziali, vale a dire quello strutturato sull'asse Lugano-Astana attraverso la Mabetex (raccontato il 23 aprile scorso su questo blog), ha subito negli ultimi giorni una battuta d'arresto.
Conti in rosso e quote variabili. La dirigenza dell'Inter lascia trapelare poco o nulla dopo il fallimento dell'affare cinese, annunciato in pompa magna lo scorso agosto, e di fatto già naufragato prima dell'autunno. Ma banche e avvocati d'affari che seguono la vicenda e assistono i potenziali investitori fanno fatica a superare la fase iniziale dei colloqui. Da un lato, c'è la mancanza di reddititivà e lo squilibrio cronico dei conti nerazzurri a disincentivare gli acquirenti. Dall'altro, una certa ritrosia della proprietà interista a valutare manifestazioni d'interesse che vadano oltre la cessione di quote di minoranza.
"Restyling" interno. Il presidente Moratti, il cui amore per l'Inter è costato circa 1,5 miliardi di euro, è indeciso sul da farsi. Per diverse ragioni. L'errore fatale, ormai è chiaro, è stato non vendere i pezzi pregiati della rosa dopo il Triplete. Ma c'era un Mondiale per club da giocare e la convinzione di poter aprire un ciclo. Ora non serve a nulla rimuginare. Piuttosto, il patron nerazzurro sta valutando in queste ore soprattutto la possibilità di modificare l'organizzazione del club (organigramma, cariche e mansioni). Niente rivoluzioni. Ma sulle congruità di alcune scelte della dirigenza attuale e dei consulenti Moratti ha più di un dubbio. Ora si tratterà di correggere il tiro. Il Calcio 2.0 esige un cambio di marcia e nuove idee. Ecco perchè, come lasciato intendere anche nelle dichiarazioni di ieri, la vendita del club e la ricerca di partner sono passate in secondo piano rispetto a questo "restyling" interno, nel quale potrebbe essere coinvolta anche la guida tecnica (nonostante le difese pubbliche del patron).
Dalla Saras al Triplete (e ritorno). La cessione di una quota della Saras ai russi di Rosfnet ha garantito una boccata d'ossigeno sul fronte dell'azienda di famiglia, ma è chiaro che una soluzione analoga va trovata anche su quello dell'azienda sportiva. I problemi, d'altronde, sono stati ingigantiti proprio dal venir meno del sostegno dell'impresa petrolifera. Basti pensare che dal 2005 al 2009, negli anni precedenti la stagione del Triplete, la Saras ha macinato utili per oltre 800 milioni di euro, mentre tra il 2010 e il 2012, la somma algebrica dei risultati d'esercizio mostra un rosso di quasi 40 milioni. L'addio ai munifici dividendi e la necessità di ridimensionare organico e spese sono stati in qualche modo mascherati dagli obblighi del fair play finanziario, ma il prodotto non cambia, come i tifosi nerazzurri stanno constattando.
Piano quinquennale. I quasi 150 milioni di rosso accumulati fra il 2012 e 2013 e la mancata qualificazione in Champions non promettono nulla di buono. Accanto alla revisione dell'organigramma societario e all'identificazione di un partner idoneo, si dovrà rifondare la squadra con giovani di prospettiva (soprattutto pescati dalla Primavera) e qualche uomo d'esperienza a parametro zero. Il cammino è stato avviato, ma ci vorrà tempo per rivedere una Grande Inter. Forse lo stesso tempo (un quinquennio) che occorrerà per realizzare il sogno di Moratti: lo stadio di proprietà dell'Inter (pardon, di chi pagherà per aggiudicarsi i diritti di intitolazione).