“Non è questa la sede per rappresentare le nostre riflessioni sul rapporto tra sport, Stato e governo. Ma diciamo chiaramente che il calcio ha dato al Fisco 6 miliardi di euro in 6 anni e ha recuperato 480 milioni attraverso il Coni”. Lo ha sottolineato il presidente della Figc, Giancarlo Abete, in occasione della presentazione del ReportCalcio2014. “Noi diamo tanto dal punto di vista contributivo. Dopo l’Inghilterra siamo il Paese che da di più all’Erario, molto più di Germania e Francia. Con tutte le sue criticità, il mondo del
calcio da’ un contributo che ha valore assoluto”. Dopo la crescita molto sostenuta (+23,7%) intervenuto nel triennio 2006-2008, e l’ulteriore incremento, anche se più modesto (+5,5%) del periodo 2008-2010, il contributo fiscale e previdenziale generato dal calcio
professionistico italiano ha subito nel 2011 un leggero contenimento, scendendo da 903,7 a 891,6 milioni di euro (-1,3%). Tale riduzione si fa più marcata (-3,4%) considerando anche il gettito fiscale derivante dalle scommesse sul calcio, sceso del 14,4% circa. Nel complesso, la contribuzione fiscale e previdenziale si posiziona nel 2011 a 1.033,7 milioni di euro (di cui il 14% derivante dalle scommesse), appena al di sopra dei livelli raggiunti nel 2008 e 2009. Segmentando i dati per tipologia di imposta, si può osservare che nel 2011 il 61% è rappresentato dalle ritenute su lavoro dipendente e autonomo, il 22% dall’Iva, il 10% dai versamenti contributivi Enpals, il 5% dall’Irap e il 2% dall’Ires. Mentre le ritenute ricalcano l’andamento del gettito complessivo, Enpals e Irap mantengono una sostanziale stabilità (rispettivamente intorno a 90 e a 40-43 milioni di euro), l’Iva evidenzia una contrazione (-3,9%), tornando poco sopra ai livelli del 2007, mentre al contrario l’Ires manifesta una vera e propria impennata, crescendo del 43% rispetto al 2010 e di quasi il 90% rispetto al 2009.
Analizzando i dati in relazione alle diverse serie professionistiche, si ha la conferma della netta prevalenza della Serie A, che con 706,5 milioni di euro concorre per il 79,2% al gettito complessivo, a fronte del 14,4% della Serie B (128,2 milioni), del 4,7%
della Prima Divisione della Lega Pro (42,1 milioni) e dell’1,7%% della Seconda Divisione (14,9 milioni). Mentre Serie A e Serie B mostrano tra il 2010 e il 2011 decrementi più o meno pronunciati (rispettivamente -1,1% e -9,2%), la Prima e la Seconda Divisione della
Lega Pro manifestano invece un recupero sull’anno precedente (+22,9% e +7,5%) che comunque le mantiene ben al di sotto dei valori massimi raggiunti negli anni 2007 e 2008.
Focalizzando l’attenzione sul lavoro dipendente, prosegue la riduzione del numero di contribuenti, che nel 2011 risultano di 10.074 (erano 11.245 nel 2009), e per la prima volta si riduce l’ammontare complessivo del reddito da lavoro dipendente (1.336,3 milioni, l’1,7% in meno rispetto al 2010). Distribuendo i contribuenti per fasce di reddito, circa il 9,6% supera i 200.000 euro, un altro 10,8% sta tra 60.000 e 200.000 euro, l’8,3% tra 35.000 e 60.000 euro, mentre il 21,1% ha redditi compresi tra 15.000 e 35.000 euro, e il 50,2% sta al di sotto dei 15.000 euro. In serie A si ha un reddito medio di 285mila euro, in serie B di 76mila, in Lega Pro I Divisione di 25mila euro e in Lega Pro II Divisione di 10mila euro.
Allargando la prospettiva a livello internazionale, emerge come il calcio professionistico italiano, in termini di contribuzione fiscale e previdenziale, si mantenga al secondo posto tra i maggiori sistemi calcistici con dati confrontabili (Inghilterra, Germania e Francia), ma perda terreno sia rispetto all’Inghilterra (largamente in testa con 1.552 milioni di euro) che rispetto a Germania e Francia, che si avvicinano rispettivamente a 800 e 700 milioni.