«Non c’è stata nessuna corruzione, bensì solo dei dubbi». Basterebbe l’enigmaticità di questa frase – alla base della motivazione con cui la Fifa ha confermato ieri l’assegnazione dei Mondiali a Russia e Qatar per il 2018 e il 2022 – per farsi un’idea del livello di intrighi e inconfessabili “prassi” congressuali che hanno contrassegnato la vicenda. Vicenda all’esito della quale, peraltro, sono stati ridefiniti gli equilibri economici e sportivi del calcio internazionale con l’avanzata dei nuovi ricchi, sceicchi arabi e oligarchi russi.
Dal punto di vista “giudiziario” la cronaca ieri ha portato alla ribalta la decisione del Comitato etico della Fifa guidato da Hans-Joachim Eckert che, valutando il rapporto di 350 pagine stilato dal capo degli inquirenti, l’ex magistrato americano Michael Garcia, ha archiviato il caso. («L’integrità del voto di attribuzione non è stata intaccata nel suo insieme – si è lasciato sfuggire Eckert –. C’è stata qualche trasgressione di portata molto limitata, ma non sono stati rilevati profili di reato»).
Peccato che lo stesso “pm” Garcia si sia subito dissociato dalla scelta della Fifa che avrebbe dato una lettura “erronea e incompleta” del suo rapporto, consegnato a settembre dopo un anno di indagini, annunciando la sua intenzione di fare ricorso. Supportato dalle Federazioni inglese (a Londra si parla di «una farsa») e tedesca (per Berlino «forti zone d’ombra»). A peggiorare il quadro c’è anche la decisione del presidente della Fifa Sepp Blatter (per non compromettere la privacy dei testimoni) di secretare il dossier.
Una spy story in piena regola, dal finale tutt’altro che scontato, a differenza delle premesse. I “dubbi” sulla correttezza della gara per organizzare (al pari dei Giochi Olimpici) la più seguita competizione sportiva internazionale sono nati, infatti, quasi lo stesso giorno dell’aggiudicazione. Il 2 dicembre 2010, con ben otto e dodici anni di anticipo, la Fifa decretò infatti congiuntamente (e non era mai accaduto) l’assegnazione delle due manifestazioni a Russia e Qatar. Due vittorie ammantate però da un’ombra che riconduceva alla figura di Mohamed Bin Hammam, dirigente sportivo qatariota e fino al 2002 presidente della AFC, la federazione calcistica asiatica. È verso di lui che Lord Triesman, membro della FA inglese alzò subito il dito, accusandolo di aver corrotto venticinque ufficiali africani (a cui sarebbero stati offerti 40mila dollari l’uno grazie alla collaborazione di Jack Warner, vice presidente della Fifa). Accuse formalizzate poi qualche mese dopo, nel maggio 2011, quando bin Hammam, candidato alla presidenza Fifa fu costretto a ritirarsi dalla corsa alla poltrona del governo del calcio mondiale a favore di Blatter.
Bin Hammam prima bandito a vita dalla Federazione, dopo un appello al Tas di Losanna nel luglio 2012 è stato riabilitato, avendo ottenuto l’annullamento della squalifica per insufficienza di prove. Sembrava tutto concluso, ma nei primi di giugno del 2014, alla vigilia del Mondiale brasiliano, il Sunday Times ha costretto la Fifa a riaprire il caso pubblicando mail compromettenti circa i tentativi di corruzione messi in atto da bin Hammam. Giudicati irrilevanti dalla Fifa. I prossimi Mondiali si disputeranno quindi in Russia nel 2018 e in Qatar nel 2022 (d’inverno o primavera considerate le proibitive condizioni climatiche estive).
A meno di nuovi colpi di scena. Di materiale e coincidenze strane ce ne sono troppe in questa storia (come sostengono i dietrologi più sospettosi). Come la cena organizzata il 23 novembre 2010, poche settimane prima del voto, dal presidente francese Nicolas Sarkozy in onore di Michel Platini, presidente Uefa, e dello sceicco Tamim bin Hamad al Thani, emiro del Qatar. Una cena rivelata un paio d’anni dopo da France Football e dopo la quale contro ogni pronostico la Fifa assegna appunto i Mondiali del 2022 al Qatar, rifiutando la candidatura degli Usa, grazie al voto compatto della Uefa, l’emittente qatariota Al Jazeera ottiene i diritti tv del campionato francese e la Qatar Sports Investments acquista dal fondo Usa Colony Capital per 70 milioni il Paris Saint Germain (di cui è un acceso supporter l’ospite Sarkozy).
Dal Sole 24 Ore del 14 novembre 2014