Ventura, Tavecchio e il flop dell’Italia dei Mediocri: ecco da dove si dovrebbe ripartire

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Pensate davvero che i problemi ormai congeniti del Calcio italiano (e verrebbe da dire dell’Italia…) si risolvano cacciando Ventura e Tavecchio?
Se in campo mondiale non si riesce ad allestire una Nazionale decente dal 2006 non è certamente colpa di Ventura e Tavecchio. Il Calcio italiano avrebbe dovuto essere rifondato, prim’ancora che dall’eliminazione maturata a San Siro contro la Svezia, dall’estromissione subita in Sudafrica nel girone con Slovacchia, Paraguay e Nuova Zelanda…
Chiaramente sia Ventura che Tavecchio hanno enormi responsabilità. Il Ct per la caparbietà che ha dimostrato nel perseverare nei suoi sbagli tecnici e tattici. Il presidente federale perché ha voluto legare il suo destino a quello di questo allenatore e non ha saputo coglierne lo stato confusionale e l’isolamento in cui è caduto dopo il rovescio spagnolo di settembre. Se la scelta di Ventura, dopo l’europeo francese, è stata condizionata anche dal rifiuto di altri candidati, l’averlo confermato fino al 2020, appena qualche mese fa, costituisce un errore inemendabile per i vertici della Figc.
Ma dietro la disfatta “svedese” si stagliano il commissariamento delle Leghe di Serie A e B che dura da mesi, le riforme annunciate ma perennemente al palo e i troppi dirigenti calcistici, o sedicenti tali, evidentemente non adeguati a ciò che lo Sport-Business contemporaneo esige. La mediocrità elevata a sistema di comando può essere comoda per alcuni, ma alla lunga espone tutti a dolorose figuracce.
Il segnale di serietà e di responsabilità che Ventura e Tavecchio dovrebbero dare ora al Paese, facendo entrambi un passo indietro, sarebbe fondamentale anche per iniziare la risalita dal baratro.
Già, ma da dove si riparte?
Come sempre dalla base. E facendo cose semplici.
Anzitutto obbligando i club professionistici a investire una percentuale del fatturato (e non degli utili come prevede oggi la legge) nei settori giovanili. Realizzando strutture all’altezza dei tempi o, se non è chiedere troppo, all’avanguardia. Fare una seria politica di integrazione, almeno con lo “ius soli sportivo” (senza ricorrere a misure straordinarie, raffazzonate o in deroga). Ci vuole il coraggio che ha avuto la Germania, post Europeo 2000, nel coinvolgere le seconde e terze generazioni di immigrati, riconoscendo la cittadinanza italiana a chi se lo merita. Adottare, per converso, una rigida politica a favore dei calciatori eleggibili in Nazionale, in particolare dai settori giovanili. Dove non è consentito dalle norme europee occorre l’accordo tra i club che hanno un interesse comune e una regia federale. Dalla Figc, al di là dei centri di formazione che sta disseminando sul territorio, ci si deve aspettare un profondo rinnovamento nel processo di selezione delle rappresentative nazionali con due o tre centri di eccellenza nei quali allevare i giovani più promettenti (e non quelli raccomandati da amici e procuratori). Per questo servono staff tecnici multidisciplinari specializzati nella preparazione di ragazzi e ragazze e che lavorino con questo esclusivo obiettivo.
A livello di club la rifondazione non può prescindere poi dalla creazione di squadre B almeno da parte delle società di prima fascia sul modello spagnolo e dalla riduzione contestuale del numero di club professionistici (in molti casi senza le risorse economiche necessarie per condurre un’attività di alto livello). Finché le entrate che il sistema calcio italiano riesce a generare (meno di due miliardi a stagione) restano queste devono essere concentrate nei club che possono garantire qualità e organizzazione e non disperse a pioggia (per il resto c’è il Calcio Dilettantistico).
In quest’ottica e per quanto appaiano non direttamente connesse al tema Nazionale occorrono politiche governative per favorire la costruzione di stadi di qualità commisurati alle esigenze delle differenti piazze che incrementino il giro d’affari dei club e una più spinta managerializzazione delle aziende calcistiche.
Questi potrebbero essere alcuni dei provvedimenti da assumere se si vuole invertire il declino che ha ridotto la Serie A a quarta Lega europea e la Nazionale a triste spettatrice dei mondiali russi.

  • agostino ghiglione |

    Caro Maurizio C.,
    vorresti ritornare come in politica alle preferenze ?E con un metodo che più arzigogolato non potrebbe essere.Mai confondere ripartizione dei diritti TV con presenze di giocatori in Nazionale.Tra l’altro il criterio di ripartizione proposto dal Ministro Lotti già fa giustizia dei retaggi storici dei club e si avvicina alla più equa ripartizione dei diritti TV che c’è in Premier League

  • agostino ghiglione |

    Caro Maurizio C.,
    vorresti ritornare come in politica alle preferenze ?E con un metodo che più arzigogolato non potrebbe essere.Mai confondere ripartizione dei diritti TV con presenze di giocatori in Nazionale.Tra l’altro il criterio di ripartizione proposto dal Ministro Lotti già fa giustizia dei retaggi storici dei club e si avvicina alla più equa ripartizione dei diritti TV che c’è in Premier League

  • Maurizio C. |

    Sul punto “Adottare, per converso, una rigida politica a favore dei calciatori eleggibili in Nazionale” ci sarebbe, a mio avviso, un modo non obbligatorio ma fortemente incentivante per ottenere quanto voluto, almeno per quanto riguarda la serie A.
    Legare una quota della ripartizione dei diritti tv in serie A a un numero stabilito di presenze in campionato di calciatori eleggibili per la nazionale italiana. Si potrebbe fissare un numero di presenze in campionato pari a 10 o, ancora meglio, 15 (dove per singola presenza valida si intende una permanenza sul campo di gioco per 75 minuti almeno) per stagione. Facendo una ipotesi, se il n. di giocatori per squadra medio fosse 5 e le risorse disponibili 100 mln, si avrebbe ua quota per giocatore di 1 mln. Il club non virtuoso che utilizza 2 giocatori, otterrebbe 2 mln, un club “virtuoso” che ne utilizza 10, ne otterrebbe 10.
    La norma non sarebbe vincolante (ogni società sarebbe libera di fare le sue valutazioni), ma di certo sarebbe incentivante. Premiando e valorizzando l’investimento sui talenti italiani. La differenza di introiti tra un club “non virtuoso” rispetto ad un altro “virtuoso” sarebbe chiaramente avvertita, soprattutto al di fuori della cerchia delle grandi, rendendo conveniente investire sugli italiani.
    Un 5% della ripartizione diritti tv lo si potrebbe già ricavare eliminando la voce “storia”, che appare avere poco senso e utilità. Ma più grande la quota, maggiore l’incentivo.

  • Maurizio C. |

    Sul punto “Adottare, per converso, una rigida politica a favore dei calciatori eleggibili in Nazionale” ci sarebbe, a mio avviso, un modo non obbligatorio ma fortemente incentivante per ottenere quanto voluto, almeno per quanto riguarda la serie A.
    Legare una quota della ripartizione dei diritti tv in serie A a un numero stabilito di presenze in campionato di calciatori eleggibili per la nazionale italiana. Si potrebbe fissare un numero di presenze in campionato pari a 10 o, ancora meglio, 15 (dove per singola presenza valida si intende una permanenza sul campo di gioco per 75 minuti almeno) per stagione. Facendo una ipotesi, se il n. di giocatori per squadra medio fosse 5 e le risorse disponibili 100 mln, si avrebbe ua quota per giocatore di 1 mln. Il club non virtuoso che utilizza 2 giocatori, otterrebbe 2 mln, un club “virtuoso” che ne utilizza 10, ne otterrebbe 10.
    La norma non sarebbe vincolante (ogni società sarebbe libera di fare le sue valutazioni), ma di certo sarebbe incentivante. Premiando e valorizzando l’investimento sui talenti italiani. La differenza di introiti tra un club “non virtuoso” rispetto ad un altro “virtuoso” sarebbe chiaramente avvertita, soprattutto al di fuori della cerchia delle grandi, rendendo conveniente investire sugli italiani.
    Un 5% della ripartizione diritti tv lo si potrebbe già ricavare eliminando la voce “storia”, che appare avere poco senso e utilità. Ma più grande la quota, maggiore l’incentivo.

  • agostino ghiglione |

    Caro Luigi Caruso,
    il Presidente Tavecchio ha convocato il Consiglio Federale per lunedì per sottoporre il suo programma e quindi in base a quello si esprimeranno sui fatti e non sulle parole.Comunque lo Statuto prevede una maggioranza qualificata per i rappresentanti dei dilettanti e della Lega Pro marginali i voti di Serie A e B degli Allenatori e dei Giocatori e Arbitri.Ed i primi sono stati determinanti ad eleggerlo 3 anni fa dopo il Mondiale giocato in Brasile.Quindi nessun’altro può rimuoverlo e lui lo sa.Comunque ricordo che dal 2018 per iscriversi al Campionato di Serie A bisogna dimostrare una capacità finanziaria che ad ieri avevano solo 5/6 Club.Mi riferisco al rapporto debito fatturato che scenderà a 1,5 mentre oggi è a 2,0.

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