Da “Calcio malato” a “Fuorigioco”: come si evolve l’inchiesta sull’evasione nel calcio italiano

La Procura di Napoli prosegue la propria indagine legata alla presunta evasione fiscale nel mondo del calcio. A quattro anni dall’apertura dell’inchiesta sul “Calcio malato”, nata nell’ottobre 2012, si è arrivati all’inchiesta denominata “Fuorigioco”, condotta dai pm Danilo De Simone, Stefano Capuano e Vincenzo Ranieri, coordinati dal procuratore aggiunto Vincenzo Piscitelli. Un’indagine che ha portato all’iscrizione nel registro degli inquirenti di sessantaquattro nomi tra massimi dirigenti di società partecipanti ai tornei di Serie A e Serie B, oltre che di procuratori e calciatori ancora in attività. Un’inchiesta che nasce dall’acquisizione da parte della Guardia di Finanza dei contratti di Ezequiel Lavezzi e Cristian Chavez, all’epoca in forza al Napoli, a cui è seguita la perquisizione in quarantuno sedi societarie tra Serie A e Serie B nell’estate 2013. Due anni e mezzo dopo si è arrivati all’inchiesta “Fuorigioco”, che intende far luce sui rapporti tra società e procuratori, mettendo nel mirino le modalità di inserimento a bilancio dei contratti dei giocatori (dunque le varie clausole su diritti d’immagine e cosiddetti “fringe benefit”).
L’ipotesi di reato, stando a quanto riferito dalla Procura di Napoli, è di “evasione fiscale e false fatturazioni”. Dall’inchiesta è emerso un sistema finalizzato ad evadere le imposte, nel quale sarebbero coinvolte trentacinque società calcistiche militanti nei campionati di Serie A e Serie B, oltre ad un centinaio di persone tra calciatori e procuratori. L’inchiesta vuole far luce sul meccanismo legato alle operazioni di compravendita dei calciatori professionisti. La Guardia di Finanza, dopo aver perquisito le abitazioni di una trentina tra calciatori e procuratori, ha notificato ai sessantaquattro indagati l’avviso di conclusione indagini, sequestrando beni dal valore di circa 12 milioni di euro.
L’inchiesta “Calcio malato” viene aperta dalla Procura di Napoli a seguito di alcune denunce anonime e di indagini su una querela presentata nei confronti di Ezequiel Lavezzi a seguito di una lite per tamponamento. Da lì si è poi arrivati alle perquisizioni nelle abitazioni di Alejandro Mazzoni (procuratore del calciatore argentino) e di Alessandro Moggi, che ha innescato la seconda tornata di perquisizioni, quelle che nel mese di giugno del 2013 ha portato la Guardia di Finanza nelle sedi di 41 club di Serie A e Serie B, oltre che di alcune società straniere, per verificare «l’estensione di alcuni meccanismi di aggiramento delle regole di tassazione dei contratti, prescelti per sottrarre al fisco ingenti quantità di denaro in relazione a ciascuna operazione di trasferimento di tesserati della Figc».  In particolare, gli accertamenti della Guardia di Finanza si sono concentrati: sulle «modalità di trasferimento dei calciatori e la sottostante attività di intermediazione da parte dei relativi agenti; sull’esame dei contratti, delle operazioni di compravendita e di rinnovo del rapporto di prestazioni sportive a livello nazionale e internazionale e eventuali diritti di opzione; sulla gestione del patrimonio aziendale e le modalità di trasferimento in bilancio dei giocatori professionali; sulle modalità di utilizzo dei diritti pluriennali riguardanti le prestazioni oggetto di rivalutazione (per abbellire i bilanci e aumentare artificialmente gli ammortamenti); sulle eventuali transazioni intercorse tra le diverse società calcistiche con finalità “spalma-debiti”; sull’attività di scouting; sulla gestione dei diritti di immagine e dei diritti televisivi; e, infine, sul trattamento tributario delle operazioni di compravendita dei calciatori ed eventuali fenomeni di “estero-vestizione”».
In definitiva, il sospetto delle Fiamme Gialle è che siano stati gonfiati i costi e gli oneri connessi agli ingaggi degli atleti per celare importi notevoli al Fisco italiano (deprimendo la base imponibile) e dirottare all’estero queste risorse. Si pongono così due questioni sui possibili illeciti compiuti: Da un lato, c’è quello della tracciabilità dei pagamenti, in quanto le somme versate per le operazioni di calciomercato devono viaggiare su conti dedicati e si deve perciò appurare se ci sono stati trasferimenti irregolari, magari estero su estero. Dall’altro lato, si deve certificare l’entità di emolumenti e percentuali attribuiti a calciatori e agenti ai fini di possibili episodi di evasione fiscale e contributiva, ovvero il cosiddetto “fringe benefit”.
Stando a quanto riportato dal procuratore aggiunto di Napoli, Vincenzo Piscitelli, uno dei meccanismi che ha portato all’apertura delle indagini prevedeva la fatturazione “fittizia” delle prestazioni dei calciatori alle sole società, in modo da far apparire l’opera di intermediazione come un servizio reso nell’interesse esclusivo dei club. Di fatto, invece, venivano tutelati gli interessi di assistiti e agenti, con le società che approfittavano dell’indebito vantaggio della completa deduzione dal reddito imponibile di tali spese. I club, inoltre, avrebbero sfruttato tale meccanismo per beneficiare della detrazione dell’imposta sul valore aggiunto relativa alla pseudo prestazione ricevuta in esclusiva. I calciatori, in questo modo, non dichiaravano il “fringe benefit” e la società si accollava, a vantaggio dei calciatori, la spesa per l’intermediazione. Un importo che costituiva un reddito da imputare effettivamente al calciatore, con conseguente omissione da parte delle società del pagamento delle ritenute fiscali e previdenziali. Il ricorso a documentazione fiscale e commerciale fittizia e l’interposizione di società schermo (spesso con sede in paradisi fiscali) avrebbe inoltre permesso ad alcuni agenti stranieri di delocalizzare i proventi derivanti dalle attività professionali, evadendo così le pretese erariali del Paese di produzione del reddito o di residenza fiscale.
Un meccanismo che, in qualche modo, fa pensare alla cosiddetta tassa sui procuratori, abolita nelle ultime settimane del 2015 senza mai essere realmente entrata in vigore. La legge di Stabilità ha infatti cancellato il prelievo sugli agenti dei calciatori, introdotto con la manovra del 2014: per sanare le questioni sul trattamento delle somme versate ai procuratori era stato previsto un prelievo automatico, presumendo che il 15% dei compensi versati dalle società agli agenti rappresentasse una parte dello stipendio dei tesserati (con annessa applicazione dell’aliquota Irpef più alta). In questo modo, la società poteva continuare a dedurre l’85%, a meno che il tesserato non provasse di aver pagato lui il 15%. Il prelievo, di fatto, non è mai stato applicato.
  • Adriano |

    Buonasera, la vedo quando interviene ogni tanto a Calciomercato su Sky.

    Da quanto è trapelato la “società modello” dal punto di vista finanziario ovvero il Napoli sarebbe la più invischiata in questa vicenda (Lavezzi e non solo) è solo una coincidenza o si tratta di concorrenza sleale?

    Grazie

  • Adriano |

    Buonasera, la vedo quando interviene ogni tanto a Calciomercato su Sky.

    Da quanto è trapelato la “società modello” dal punto di vista finanziario ovvero il Napoli sarebbe la più invischiata in questa vicenda (Lavezzi e non solo) è solo una coincidenza o si tratta di concorrenza sleale?

    Grazie

  • Adriano |

    Buonasera, la vedo quando interviene ogni tanto a Calciomercato su Sky.

    Da quanto è trapelato la “società modello” dal punto di vista finanziario ovvero il Napoli sarebbe la più invischiata in questa vicenda (Lavezzi e non solo) è solo una coincidenza o si tratta di concorrenza sleale?

    Grazie

  • Alessandro S. |

    Non ho capito… a parte i conti e le residenze nei paradisi fiscali, che basta indagare e vengono sempre a galla quando girano tanti soldi… ma il problema è se l’intermediazione la paga l’azienda o il calciatore? … boh

  • Alessandro S. |

    Non ho capito… a parte i conti e le residenze nei paradisi fiscali, che basta indagare e vengono sempre a galla quando girano tanti soldi… ma il problema è se l’intermediazione la paga l’azienda o il calciatore? … boh

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