La riunione della Lega che doveva servire a gettare le basi per la modernizzazione del calcio italiano è stata dominata, mediaticamente e non solo, dal litigio a distanza ravvicinata fra l'ad del Milan, Adriano Galliani, e il presidente della Juventus, Andrea Agnelli. Il risultato dell'incontro è stato di prorogare per altri sei mesi il mandato di Maurizio Beretta alla guida della "confindustria" della serie A e rinviare all'estate la riforma della governance. Altro che rincorsa a Bundesliga e Premier.
Lo stallo. Per altri sei mesi, dunque, la Lega deciderà poco o niente e rimarrà impantanata nei veti incrociati e nelle maggioranze a geometria variabile che nell'ultimo anno e mezzo ne hanno bloccato i lavori. Lo statuto attuale concede poteri deliberativi all'assemblea composta da 20 societá e serve una maggioranza di due terzi per decidere. Il Consiglio e il presidente non hanno poteri esecutivi, se non quello di attuazione delle delibere. A fine giugno, tra le altre cose, andrebbe rinnovato l'attuale contratto-ponte dei calciatori della massima serie.
Il comitato esecutivo. L'obiettivo della riforma è ridurre i poteri dell'assemblea e creare una struttura decisionale più snella ed efficiente, imperniata su un comitato esecutivo ristretto e un presidente-manager indipendente dai club. L'assemblea ha dato mandato al Consiglio di predisporre proposte organiche: una prima riunione è in programma giovedì 8. L'assemblea dedicata all'elezione dei componenti del Consiglio si terrá invece il 16 marzo.
Milan-Juve. Tra le società che dovrebbero giudare il processo di riforma al momento non corre buon sangue. A Galliani non è piaciuto il comportamento di Agnelli che ha reso noto il contenuto di una telefonata in cui l'ad rossonero si scusava personalmente con il presidente juventino di alcuni eccessi nel comportamento tenuto sabato scorso dopo il match a San Siro. Agnelli ha anche riferito di scuse fatte per interposta persona da Galliani all'ex Pirlo. Scuse che Galliani si sarebbe ben guardato dal fare. Durante la riunione nell'assemblea di Lega sarebbero volate parole grosse fra i due, poi appianate da sorrisi e dichiarazioni di circostanza. L'asse Milano-Torino al momento appare perciò tutt'altro che solido e non certo in grado di trainare il calcio italiano verso un futuro economicamente più radioso.