L'Udinese della famiglia Pozzo è la vera multinazionale del calcio tricolore. Non tanto per la struttura societaria (il controllo è in capo alla Gesapar, una finanziaria lussemburghese) e per la proprietà del club spagnolo del Granada, portato con due promozioni in due anni alla ribalta della Liga. Quanto per la capacità di scovare talenti in tutto il mondo e di saperli far crescere e valorizzare. Il prossimo diamante che la bottega Pozzo venderà a caro prezzo (dopo l'operazione Sanchez-Barcellona) è quel Muriel dato in prestito al Lecce in questa stagione e destinato a prendere il posto del Senatore Totò Di Natale al centro dell'attacco friulano.
Per l'attività di scouting internazionale e di formazione l'Udinese ormai arriva a spendere fra i 10 e i 15 milioni all'anno. Una cifra molto alta ma ampiamente coperta dai "ritorni" economici degli investimenti. Le plusvalenze da calciomercato sono aumentate fra il 2010 e il 2011 da 23,5 milioni a 34,5. Negli ultimi cinque esercizi l'Udinese ha tenuto in equilibrio i conti in modo invidiabile (+2,9 milioni al 30 giugno 2011, -6,9 nel 2010, +6,9 nel 2009, +7,8 nel 2008 e -6,3 nel 2007). E il prossimo bilancio, quello chiuso al 30 giugno 2012, potrà contare sugli introiti derivanti dalle cessioni di Sanchez (circa 40 milioni con i bonus), Inler (17) e Zapata (10).
Il modello Udinese ha generato, inoltre, nell'ultima stagione 2010/11 un aumento dei ricavi (da 49 a 54 milioni), dovuto anche all'incremento dei diritti televisivi (passati da 23 a 34 milioni) e una discesa del costo del lavoro. Il monte ingaggi è sceso da 31 a 28 milioni.