Non avranno problemi gravi come quelli dei team spagnoli che all’inizio del 2012 registravano debiti verso l’Erario di Madrid per oltre 750 milioni, ma il feeling tra i club tricolori e il Fisco è sempre più precario. Sembra passato un secolo da quando, per esempio, con il decreto "spalma-debiti" fu consentito alle società di diluire prima su dieci anni e poi su cinque anni, per evitare le censure della Ue, il “peso” sui bilanci derivante dall’ammortamento dei giocatori “ipervalutati”. In tempi di ristrettezze economiche, l’amministrazione finanziaria ha iniziato a bussare con maggiore insistenza alle porte di Serie A, serie B e Lega pro che, ogni stagione, peraltro già versano circa 800 milioni di euro (530 per le ritenute sul costo del lavoro, 220 a titolo di Iva e circa 50 per l’Irap, mentre in un comparto nel quale la maggioranza delle aziende è in rosso è quasi irrilevante).
L'Irap. Proprio l’anomalo impatto dell’Irap che colpisce componenti “positive” del reddito come gli introiti da manifestazioni sportive, i diritti tv, gli incassi pubblicitari e da sponsorizzazione, le plusvalenze, ma anche elementi negativi come le spese per il personale (che non sono deducibili a fini dell’imposta regionale sulle attività produttive) finisce per rappresentare un ulteriore e atipico gap competitivo per i club italiani nelle “partita” con i competitor europei. Le diverse e numerose contestazioni del Fisco lo scorso gennaio hanno portato alla costituzione di un tavolo fra l'agenzia delle Entrate, la Lega di Serie A e la Figc. Su alcune questioni si è trovato quasi subito un accordo, altre sono state “stralciate”, su altre ancora si sta ancora ragionando con la prospettiva però di arrivare presto a soluzioni concordate. Tra i fascicoli più scottanti su cui i punti di vista dei club e dell’amministrazione finanziaria divergono c’è appunto quello delle plusvalenze da calciomercato su cui si è pronunciato il Consiglio di Stato “suggerendo” l’applicabilità dell’Irap. Le società , in effetti, denunciano di essere doppiamente tassate in quanto sul principale asset di cui dispongono, gli atleti, non possono dedurre l’Irap relativa agli ingaggi, e devono versare l’imposta se conseguono una plusvalenza in caso di cessione. Per Ezio Simonelli, commercialista, attuale presidente del collegio revisori della Lega di serie A e candidato alle prossime elezioni della Confindustria del calcio, che ha seguito i lavori del tavolo fiscale, sarebbe invece necessario che, seguendo l’esempio dell’Inghilterra, le plusvalenze da calciomercato, se reinvestite siano detassate (limitando l’ammortamento al netto di quanto reinvestito). “È questa una delle richieste che faremo al nuovo Governo. Del resto, una misura di questo tipo, già prevista dal Dpr 597/73, se applicata a tutte le aziende e coordinata con un intervento sul costo del lavoro, oggi potrebbe rivelarsi più che mai efficace per lo sviluppo”.
Compartecipazioni. Un’intesa è stata, invece, già trovata sulla tassazione dei cosiddetti "diritti di compartecipazione". Nell'ambito del calciomercato non di rado il club che cede un giocatore di prospettiva ottiene il diritto a percepire una percentuale dell’eventuale maggior "valore" raggiunto da quest’ultimo dopo un anno o due. Su queste somme, come indicato dalla Figc, non venivano pagate né l'Iva né l’Irap. Ora l'agenzia delle Entrate ha riconosciuto che trattandosi di “derivati”, di operazioni di natura finanziaria, non sono soggette al pagamento dell’Iva. Viceversa, sono rilevanti ai fini Irap, per cui chi delle due parti realizza un guadagno deve l’imposta, mentre la controparte che paga e realizza una minusvalenza può detrarla.
Ammortamenti. Altre vertenze che a breve potrebbero essere chiuse al tavolo Fisco-Lega-Figc riguardano gli ammortamenti e i compensi dei procuratori a libro paga dei club. Sui primi, i club potranno effettuare in bilancio gli ammortamenti dei costi dei cartellini in quote non costanti in funzione degli anni del contratto. Qundi per un trentenne si potrà con un triennale, si potrà ammortizzare il cartellino con percentuali del 50-25-25, purché adottino criteri omogenei per tutto il parco giocatori.
Procuratori. Nel mirino del Fisco sono finiti da tempo i servizi di assistenza (come la cura dell'immagine o la protezione legale) svolti da alcuni procuratori nei confronti dei calciatori sotto contratto, ma a libro paga dei club. Si tratterebbe di simulazioni attraverso le quali i club stipendierebbero gli stessi calciatori. Questo "costo" supplementare sostenuto dalle società nasconderebbe una quota extra dell'ingaggio degli atleti. Versarlo al procuratore, anzichè al giocatore, permetterebbe ai club di risparmiare la ritenuta Irpef e di detrarre l'Iva. Ora
modificando in via interpretativa il regolamento agenti, si potrà permettere, come avviene in Inghilterra, la “doppia rappresentanza”, vale a dire la possibilità che il procuratore curi contemporaneamente gli interessi dell’atleta e della società che lo acquista. In questo modo sarà più semplice riconoscere l’”inerenza” del costo sostenuto dal club (che potrà dedurlo dal proprio reddito) ed evitare che e venga riqualificato dal Fisco come un “benefit” occulto del calciatore. Il quale a sua volta dovrà pagare il compenso del procuratore dal proprio stipendio.