Il fatturato aggregato dei 734 club partecipanti alle 53 top division europee ha raggiunto nel 2011 i 13,2 miliardi di euro. Oltre a confermarsi un settore economico di grande rilevanza, va sottolineato come il calcio professionistico di vertice stia vivendo negli ultimi anni una fase di persistente crescita economica. In base ai dati pubblicati dalla Uefanel periodo 2007-2011 nel quale l’economia europea ha vissuto una fase di sostanziale ristagno (crescita media annua dello 0,5%), il fatturato delle top division europee ha realizzato una crescita media annua del 5,6%. Rispetto al fatturato totale complessivo quasi il 68% è rappresentato dai ricavi dalle 5 top league (Inghilterra, Germania, Spagna, Italia e Francia), che sono seguite a notevole distanza da Russia, Turchia e Olanda.
Il costo del lavoro. Nonostante la crescita dei ricavi, il sistema calcistico ha visto ulteriormente deteriorarsi il suo equilibrio economico. La perdita annuale si è quasi triplicata, passando da 0,6 miliardi di euro del 2007 a 1,7 del 2011, come conseguenza del peso accresciuto del costo per il personale (in primis dei calciatori), arrivato a incidere per il 65% del fatturato complessivo nel 2011, sei punti in più rispetto al 2007.
Utili solo in Bundesliga. Confrontando tra loro le maggiori top division europee, si evidenzia come nel 2011 l’unica che si caratterizza per un risultato economico positivo è la Germania (37,6 milioni di euro di utile aggregato), dove il costo del personale raggiunge soltanto il 52% del fatturato. Tutti gli altri principali campionati hanno invece prodotto delle perdite: in Inghilterra il risultato netto risulta negativo per 430,6 milioni di euro, in Italia per 319,4 milioni, mentre Spagna e Francia evidenziano un livello di perdite più contenuto (rispettivamente 147,2 e 53,7 milioni di euro).
Debiti in calo. Sotto il profilo patrimoniale, il 2011 segna una leggera positiva inversione di tendenza, con un incremento del patrimonio netto complessivo delle società (da 1,9 a 3,3 miliardi di euro) e la diminuzione dell’indebitamento bancario e commerciale (da 5,5 a 5,1 miliardi).
Affluenza e stadi. Nel 2011-2012 l’affluenza agli stadi nei campionati europei di prima divisione ha superato i 103 milioni di spettatori, a cui vanno aggiunti altri 13,4 milioni relativi alle competizioni europee (Champions League ed Europa League) e 1,4 milioni che hanno assistito alle 31 partite disputate ai Campionati Europei 2012 in Polonia e Ucraina. In Europa le 10 top division più rilevanti assorbono quasi il 70% dell’affluenza totale (71,8 milioni di spettatori sui 103,2 totali), con un dato medio per partita di 23.053. Emergono altresì rilevanti differenze tra i diversi principali Paesi: l’affluenza media passa da oltre 45.000 spettatori in Germania ai 34.600 dell’Inghilterra, ai 28.796 della Spagna e ai 22.005 dell’Italia. Nessun altro Paese supera i 20.000 spettatori medi, cifra a cui si avvicinano soltanto Olanda e Francia. Allargando l’orizzonte al di fuori dell’Europa, numerosi Paesi denotano valori rilevanti e crescenti: in primis il Messico (26.547 spettatori medi per partita), per passare poi ad Argentina (18.165), Stati Uniti (18.033), Cina (17.947), Giappone (15.797) e Brasile (14.976).