"Venti anni fa si sponsorizzava un club di calcio sostanzialmente per una questione emotiva. Dieci anni fa perchè si voleva dare più visibilità al proprio marchio. Oggi si sponsorizza una squadra perchè si cercano nuovi clienti per la propria azienda". Marco Bogarelli, Presidente di Infront, società leader in Italia nella gestione dei diritti sportivi e partner per la commercializzazione dei brand di sei team (tra cui Milan e Lazio), sintetizza così l’evoluzione del mercato delle sponsorizzazioni nella Penisola. Un mercato che risente del peggioramento delle condizioni economiche generali, ma che ha saputo resistere alla recessione e – almeno per la serie A – addirittura crescere.
Il giro d'affari. I numeri del "ReportCalcio 2013" elaborato da Figc, Pwc e Arel rivelano come il giro d’affari delle sponsorizzazioni nel massimo campionato italiano sia aumentato tra la stagione 2010/2011 e quella 2011/2012 del 15%, raggiungendo quota 219 milioni. Quindici anni fa gli emolumenti degli sponsor valevano 70 milioni. Se poi consideriamo anche i ricavi commerciali delle società di calcio legati allo sfruttamento del proprio brand (merchandising, licensing, royalties), l’incremento dei ricavi è stato dell’8% fra il 2011 e il 2012. Dal 2007, le entrate relative a questi capitoli sono passate da 264 a 343 milioni in serie A e da 305 a 402 milioni se si aggiungono serie B e Lega Pro. Performance positive realizzate nonostante la "pigrizia" dell’azienda "Calcio italiano Spa" che, viziata dalle pay-tv da cui proviene circa un miliardo all’anno, ha accumulato ritardi sempre più ampi rispetto ai concorrenti europei (Premier league e Bundesliga soprattutto) nello sviluppo di fonti di reddito alternative. In particolare, le fallite candidature agli Europei e l’insabbiamento in Parlamento della legge sugli stadi nella scorsa legislatura hanno scavato un gap infrastrutturale difficilmente colmabile in tempi brevi (a parte l’eccezione della Juventus).
Il confronto con l'Europa. Mediamente un team di Premier ottiene ricavi per sponsorship e advertising pari a 31,6 milioni all’anno, una squadra spagnola 20 milioni, una russa 16,4. Nel contesto dei principali tornei continentali, le società italiane, con ricavi commerciali medi per 16 milioni, fanno meglio solo di Francia (14,5) e Olanda (12,8). Ma è la Bundesliga a fare da battistrada in questo settore: i club tedeschi, da sempre esempi di equlibrio economico-finanziario e ora anche di competivività sul piano sportivo, con il dominio di Bayern Monaco e Borussia Dortmund nella Champions league 2013, incassano in media 40 milioni all’anno. Proprio al Bayern spetta il primato europeo per gli introiti commerciali con oltre 200 milioni all’anno. Per quanto la concorrenza degli altri top-club sia notevole. Il Manchester United, dopo l’accordo con General Motors per la sponsorizzazione Chevrolet che assicurerà dalla stagione 2014/2015 60 milioni all’anno, ha appena venduto i naming rights del centro tecnico ad Aon per circa 180 milioni in otto anni. Dalla prossima stagione Qatar Airways sarà lo sponsor del Barcellona per 30 milioni annui, arricchendo una voce che nel 2012 valeva già, come certificato da Deloitte, 190 milioni. Più o meno la stessa cifra dei ricavi commerciali del Real Madrid.
I top-club italiani. Il Milan è la società che produce i maggiori introiti da sponsorizzazioni e iniziative commerciali in Italia, con quasi 80 milioni. Tra questi i jersey-sponsor versano annualmente 16,7 milioni Adidas e 13,7 Fly Emirates. La Juventus al momento incassa circa 55 milioni. I naming rights dello stadio bianconero, per esempio, sono stati ceduti per 75 milioni a Sportfive (42 già incassati e 33 rateizzati in 12 anni). L'Inter, stando al bilancio 2012, incassa dall'area commerciale 29,4 milioni. Sempre nel 2012 "Inter Brand" ha registrato utili per 8 milioni. I proventi commerciali del Napoli al 30 giugno 2012 ammontano a circa 32 milioni (26,7 dagli sponsor e 5,2 da merchandising e licensing). Per quanto riguarda la Roma, che nell'ultimo anno è stata la società più attiva su questo fronte, come testimoniano l'intesa con Nike (dal 2014) e la campagna con Volkswagen, al 30 giugno 2012 generava 21,9 milioni di entrare attraverso i contratti pubblicitari (10,2), quello con Wind (5,5) e quello (appena chiuso) con Basic Italia-Kappa (6,2). Infine, la Lazio ha un giro d'affari relativo al brand al 30 giugno 2012 pari a 14,4 milioni (gli sponsor versano 4,2 milioni, le "licenze" valgono 9 milioni e il merchandising 1,2).
Le strategie per il futuro. Per recuperare terreno la serie A deve potenziare asset diversi dalle tv. "Sponsorship e corporate hospitality – sottolinea Bogarelli – sono aree sottovalutate in Italia, anche a causa di strutture inadeguate. Il mercato domestico delle sponsorizzazioni d’altro canto è polverizzato e oggetto di politiche di dumping. Invece occorre una strategia omogenea che punti magari a ridurre il numero di sponsor, ma offrendo nuovi servizi coerenti con i target delle aziende attraverso diversi livelli di partnership e di costi. È chiaro che alcune squadre avranno appeal per le multinazionali, mentre altre saranno appetibili solo per le imprese radicate in un determinato territorio. Ma la filosofia deve essere unica". Il calcio si presta ad essere una piattaforma di comunicazione alla stregua dei media tradizionali. "Oltre a far salire la brand exposure – spiega il presidente di Infront – è necessario "attivare" la sponsorizzazione in modo che l’azienda-sponsor possa interagire, anche attraverso i social network, con la massa dei tifosi del club, clienti ideali di prodotti brandizzati". L’altra leva per far crescere il fatturato è la corporate hospitality. L’idea è quella di permettere alle aziende di usare gli sky-box e gli sky-longe all’interno dello stadio per tenere riunioni durante la settimana, concludere affari o semplicemente ospitare i clienti per fidelizzarli. "Il Milan – osserva Bogarelli – ammodernando gli spazi di San Siro e rinunciando a qualche migliaio di posti, ha aumentato del 50% questa tipologia di ricavi portandoli a 7 milioni".
(Dal Sole 24 Ore del 26 aprile 2013)