Il giro d’affari delle scommesse sportive in Italia nel 2013 sarà di circa otto miliardi di euro (il 90% riguarda il calcio). La metà, per la precisione 3.750 milioni, deriva dal circuito delle società che sono in possesso della "licenza" italiana. Di pari importo, però, è l’ammontare delle puntate raccolte dalle agenzie, prive dell’autorizzazione dei Monopoli, che operano essenzialmente come "Ctd" (centro trasmissione dati) nel territorio nazionale per conto di società europee. Si tratta di un circuito "parallelo", esterno a quello che fa capo ai Monopoli, sulla cui legittimità è in atto da tempo un contenzioso anche a livello Ue e che drena risorse dal mercato "ufficiale" del betting (il quale versa all’Erario circa 140 milioni all’anno).
Le agenzie collegate ai Monopoli sono più di 8mila. Quelle "storiche", operative dal 1° gennaio 2000, sono circa 700. A queste si aggiungono quelle create con il decreto Bersani dal 2006: 1.230 negozi (in cui l’offerta di scommesse è l’attività prevalente) e 4.264 "corner" (distribuiti in bar, tabacchi e ricevitorie). Infine un anno fa si è svolto l’ultimo bando di gara per l’apertura di altri 2mila punti vendita.
I Monopoli svolgono un ruolo di "sentinella" su questa rete per tracciare i flussi anomali di scommesse da segnalare poi alle strutture sportive e agli organi di Polizia. Nell’ultimo anno e mezzo – quindi con riferimento alle stagioni 2012/13 e 2013/14 – sono stati effettuati una quindicina di "alert" su eventi per i quali sono pervenute giocate non giustificate dalle serie storiche e dall’interesse del pubblico. Nel periodo antecedente, tra il 2011 e il 2012, invece le segnalazioni dei Monopoli sono state una quarantina (la maggior parte dei match sospetti sono poi puntualmente finiti negli elenchi delle partite oggetto delle indagini delle Procure, da Cremona a Bari).
In ogni caso, il fatturato "interno" è pari a meno di un quinto delle somme scommesse sulla serie A italiana, a livello mondiale – circa 43 miliardi di euro l’anno – con un valore della raccolta media su singoli match di 115 milioni, come ha rivelato Marcello Presilla, Integrity manager di Sportradar nel corso dell’incontro organizzato a Genova lo scorso mese per presentare il progetto «Match Fixing: 90’ di formazione e prevenzione» promosso da Genoa e IziPlay. Mentre l’industria del betting sportivo globale si stima abbia raggiunto un movimento di puntate annuali tra i 500 e i 750 miliardi di euro, con l’esplosione dei bookmakers asiatici. Alcuni di questi, con base soprattutto a Singapore, non essendo tenuti al rispetto dei più rigidi limiti europei, per esempio in materia di identificazione della clientela o di accettazione delle giocate (che possono variare su un singolo evento da pochi euro fino a qualche milione) sono diventati colossi capaci di catalizzare scommesse per centinaia di miliardi all’anno.