Mentre i giocatori ripongono le ultime speranze in Giampietro Manenti, la Procura ha chiesto il fallimento del Parma per inadempienze fiscali. Rischia di terminare nel peggiore dei modi la querelle legata alla situazione economica del club emiliano, che dovrà fronteggiare un’ulteriore penalizzazione nonostante l’impegno del nuovo presidente per ottemperare al pagamento degli stipendi arretrati. Il nuovo capitolo dell’odissea ducale si è aperto nella giornata di ieri con il sequestro di tre furgoni e un auto da parte dell’ufficiale giudiziario per un debito nei confronti di Equitalia e con la richiesta di commissariamento straordinario presentato dai rappresentanti della Energy T.I. Group, società che detiene il 10% del pacchetto azionario del Parma. Una richiesta effettuata per le gravi irregolarità presenti nella nomina e nella composizione del consiglio di amministrazione, sia col passaggio delle quote alla cordata guidata dall’albanese Taçi che sotto la guida Manenti. Lo stesso Manenti, che in questi giorni ha cercato di rassicurare i giocatori sui pagamenti, si è trattenuto a colloquio con la squadra, che ha deciso di non mettere in mora la società e di dare ancora qualche giorno di tempo per risolvere la questione. I giocatori hanno incontrato anche Damiano Tommasi, presidente dell’Aic, al termine del quale è maturata la decisione di non procedere con la messa in mora. Dopo questo sospiro di sollievo, però, è arrivata la mazzata dalla Procura. Per il Parma arriva dunque la richiesta di fallimento per inadempienze fiscali, firmata dai pm Paola Dal Monte, Giuseppe Amara e Umberto Ausiello. L’udienza è prevista il prossimo mese, giovedì 19 marzo.
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