La Juventus parte alla caccia dello Spartak Mosca e dell’Olympique Lyonnais. Nella storia dei campionati europei più prestigiosi nessun altro club è stato finora capace di vincere sei titoli consecutivi come quello russo (tra il 1996 e il 2001) o addirittura sette, come è accaduto a quello transalpino che tra il 2002 e il 2008 ha trionfato ininterrottamente nella Ligue 1. La squadra bianconera, conquistando gli ultimi cinque scudetti, ha raggiunto nella classifica all time il Real Madrid, che ha ottenuto cinque vittorie consecutive per due volte (tra il 1961-1965 e tra il 1986-1990). Il precedente ciclo d’oro juventino era stato messo a segno negli anni Trenta.
Ma con l’assalto al sesto titolo, la Juventus di Andrea Agnelli punta anche a migliorare il record in Serie A, visto che già altri due team sono stati campioni d’Italia per cinque stagioni di seguito: il Torino a cavallo del secondo conflitto mondiale e, più di recente, l’Inter tra il 2006 e il 2010.
Il dominio bianconero nella Penisola è uscito peraltro rafforzato dal calciomercato estivo. L’ad Beppe Marotta e il direttore sportivo Andrea Paratici hanno piazzato colpi “chirurgici”, strappando alle avversarie più accreditate i loro migliori elementi attraverso le clausole rescissorie: al Napoli sono stati versati 90 milioni per il capocannoniere dello scorso anno Gonzalo Higuain e alla Roma 32 milioni per il centrocampista bosniaco Miralem Pjanic. In un organico già ricchissimo sono stati inseriti, inoltre, il difensore Benatia, l’esterno brasiliano Dani Alves e l’attaccante croato Marko Pjaca. Il tutto per una spesa di 165 milioni di euro, compensata con la cessione più remunerativa di tutti i tempi: quella del fuoriclasse francese Pogba, trasferitosi al Manchester United per 120 milioni di sterline. Il club campione d’Italia si è “consolato” con la più cospicua plusvalenza realizzata da una società di calcio.
La superiorità della Juve è stata ricostruita, dopo i veleni di Calciop0li e la retrocessione in Serie B, sia sul piano sportivo che economico. Con l’avvento di Agnelli e dell’attuale dirigenza il fatturato è più che raddoppiato (dai 172 milioni del 2011 si è saliti ai 348 del 2015 e nel 2016 è facilmente prevedibile il superamento del tetto dei 350 milioni, anche senza conteggiare le plusvalenze). Un incremento che ha scavato un solco incolmabile rispetto alle concorrenti italiane (analogo al gap che la Juve soffre ancora nel confronto con i principali competitors europei): Milan e Roma viaggiano intorno ai 200 milioni, l’Inter intorno ai 190 milioni e il Napoli tra i 130 e i 120 milioni a stagione. E sotto i 100 milioni di fatturato galleggiano Lazio e Fiorentina.
La crescita degli introiti della Juventus ha nello stadio di proprietà, una rarità nel panorama tricolore, l’emblema (rispetto al “vecchio” Olimpico le entrate dal botteghino sono passate da 11 ai51 milioni del 2015). Ma la società bianconera ha saputo ispirarsi alle best practices dell’industria sportiva anche sul piano commerciale, ad esempio riportando in casa la gestione del merchandising o puntando sui regional partner (come la birra messicana Tecate).
Con questo livello di fatturato, i Campioni d’Italia possono permettersi ingaggi da top club europeo – il costo della rosa tra salari (178 milioni) e ammortamenti (57) nel 2015 ha toccato quota 225 milioni – mantenendo l’equilibrio nei conti con un utile di 2,3 milioni del 2015 rispetto al deficit di 95 milioni del 2011. A differenza dei diretti concorrenti in Serie A.
Inter e Milan, alle prese con un cambio della guardia a livello societario (se ne parla nell’altra pagina) e con una lunghissima quanto tormentata transizione tecnica, hanno accumulato nelle stagioni 2014 e 2015 un rosso, rispettivamente, di 230 e 180 milioni. Il fair play finanziario e l’incertezza sugli investimenti provenienti dalla Cina hanno sostanzialmente impedito, in questa sessione, una campagna di potenziamento in grande stile per recuperare il terreno perduto.
La Roma americana dal canto suo è ancora impelagata nel percorso amministrativo per il nuovo stadio, rallentato dalla crisi politica e dalle elezioni nella Capitale, nonché dalla mole di un progetto da 1,2 miliardi di euro. Sta dif atto che, nonostante le mega plusvalenze frutto delle operazioni del Ds Walter Sabatini, il club giallorosso ha bruciato tra il 2011 e il 2015 più di 200 milioni. Totti e compagni tra ingaggi (pari a 136 milioni) e ammortamenti (per 36 milioni) nel 2015 hanno assorbito l’intero fatturato di 180 milioni (fatturato che senza Champions non supera i 130 milioni).
Il Napoli di Aurelio De Laurentiis dopo otto bilanci in utile, nel 2015 ha registrato un deficit di 13 milioni e anche il 2016 sarà in perdita. Tra il 2011 e il 2015 il Napoli, senza investimenti infrastrutturali, e tolti gli introiti della Champions e le plusvalenze, ha avuto un fatturato medio di 120 milioni. Un livello di entrate che rende un “lusso” sul lungo periodo insostenibile una rosa che, tra ingaggi e ammortamenti, pesa sui conti per 130 milioni. La sfida alla Juve, dunque, sembra improba, anche se l’ultima Premier con il successo del Leicester e l’Europeo vinto dal Portogallo, dimostrano il calcio contemporaneo sa ancora sorprendere bookmaker e tifosi.
(da Il Sole 24 Ore del 21 agosto 2016)