“Ridurre le squadre di Serie A, dalle attuali 20 a 18, porterebbe un incremento del tasso tecnico del campionato, nuovo interesse e più pubblico perché, quando c’è lo spettacolo, la gente riempie gli stadi. Meno qualità vuol dire anche meno spettacolo, calo di presenze sugli spalti, maggiori differenze in classifica fra prime e ultime”. Il presidente della Figc, Carlo Tavecchio, è andato al cuore del problema. Esponendosi in prima persona ha rilanciato l’idea finalizzata all’arricchimento tecnico del calcio italiano. Più qualità e meno quantità vuol dire risultati, per i club e la Nazionale, ma anche rinvigorimento di una passione antica che, negli ultimi tempi, si è annacquata, come conferma il dato incontrovertibile del calo degli spettatori negli stadi. Unica eccezione il Derby d’Italia, che ieri sera a San Siro ha fatto registrare il pubblico dei tempi d’oro: circa 77 mila spettatori.
La stagione 2015/16 si è chiusa con la seconda peggior media spettatori degli ultimi cinque anni (22.078 a partita) e un tasso d’accesso negli impianti in calo del 55,12%. Nello scorso campionato sono calati del 6% anche gli ascolti tv della Serie A rispetto alla stagione precedente, con un totale 19 milioni di telespettatori in meno. I numeri delle prime giornate di campionato sono addirittura impietosi, con 699 spettatori in meno rispetto alla stessa giornata della passata stagione; -1.334 nella 2/a, -4.729 nella 3/a e -686 nella 4/a. Nel computo complessivo bisogna tenere conto dell’assenza del dato del Crotone, che attualmente non dispone dello stadio Ezio Scida e gioca le partite interne a Pescara; l’impianto calabrese, invece, garantirebbe fino a 15 mila spettatori in più. I numeri sono allarmanti e le società, ora come ora, sono ridotte a fare i conti con questa fuga dagli stadi, una vera e propria emorragia. Inarrestabile. Club come Lazio, Palermo, Napoli, Inter e Milan, abituati a cifre piuttosto alte, hanno visto scendere a vista il numero degli abbonati. “Tutto si può migliorare e la Federazione deve intervenire – ha aggiunto Tavecchio -. In settimana incontrerò le Leghe, darò l’ultimatum su un tema posto nella passata stagione e sul quale ancora nulla si è mosso. So che ci sono problemi economici e che non possiamo farcela in un anno. Tuttavia, con un piano triennale o quadriennale, si può. Sarebbe un bene anche per far giocare di più la Nazionale”.
A proposito di Tavecchio, l’Autorità Anticorruzione guidata da Raffaele Cantone ha precisato che non sussiste un problema di inconferibilità dell’incarico legato a passate condanne penali. Il parere dell’Autorità è intervenuto dopo un esposto del Codacons che facendo riferimento a notizie rinvenute online secondo cui Tavecchio avrebbe riportato tra il 1970 e il 1998 cinque condanne penali, sosteneva che la sua nomina a presidente della Figc non fosse legittima. Il parere dell’Authority poggia su due aspetti. Il primo riguarda il fatto che la Figc è un soggetto di diritto privato e opera come tale e quindi, la nomina del presidente è un passaggio che riguarda la vita interna dell’ente. Il secondo riguarda la posizione di Tavecchio, per il quale c’è stata una pronuncia di riabilitazione. Di per sé il decreto attuativo della legge Severino che disciplina i casi di inconferibilità degli incarichi non si esprime sugli effetti della sentenza di riabilitazione. Ma la norma, parallela, che riguarda invece l’incandidabilità, stabilisce che la sentenza di riabilitazione pone il soggetto nella condizione di poter essere eletto perché incensurato, estinguendo anticipatamente l’incandidabilità stessa. Per estensione, in base a un’interpretazione ampia della legge, lo stesso può valere anche per l’inconferibilità.