Le vie del calciomercato saranno pure infinite. Ma spesso e volentieri passano da Londra e più precisamente da Newham, borgo della capitale britannica casa del West Ham, dove si sono materializzati, a dieci anni di distanza, l’alfa e l’omega dei trasferimenti legati alle Tpo (third party ownership), dal clamoroso affare Tevez-Mascherano, fino all’ultimo stratagemma creato per aggirare il divieto imposto dalla Fifa, ovvero l’utilizzo di una società “lavatrice” per usufruire di un sistema fiscale agevolato. Di mezzo c’è questo club dalla storia avara di successi, capace di risollevarsi però negli ultimi anni dopo la retrocessione in Championship del 2011.
Cinque anni prima di quell’ultimo posto in Premier League, nel 2006, il West Ham sorprese l’Europa strappando alle big due promesse del calcio sudamericano: Carlos Tevez e Javier Mascherano. Un doppio colpo fin troppo ambizioso per un team appena rientrato nel giro che conta. In realtà i due giocatori, come si scoprirà nelle successive tornate di calciomercato, vengono prestati agli Hammers dal super-agente iraniano Kia Joorabchian e della sua Media Sports Investment che detengono saldamente la proprietà dei loro cartellini. Entrambi i calciatori provengono dal Corinthians. Dal 2004, in effetti, il Timão ha attraversato unadifficile fase economica superata grazie all’alleanza con il fondo d’investimento Media Sports Investments (MSI), sede legale presso le Isole Vergini Britanniche, rappresentato da Kia Joorabchian e da un agente Fifa anglo-iraniano Nojan Bedroud (si diffondono anche voci sulla presenza nel fondo di Boris Berezovsky, mai pienamente confermate). In cambio di 35 milioni di dollari il presidente corinthiano Alberto concede all’Msi il 51% degli utili maturati nel successivo decennio e i diritti economici sui calciatori che Kia porterà a giocare in Brasile. In pochi mesi al Corinthians approdano, grazie ai soldi dell’Msi, campioni del calibro di Javier Mascherano, Tevez, Sebastian Dominguez, Rafael Moura, Johnny Herrera e Renato Ribeiro e Nilmar, con una spesa di 60 milioni di dollari. Il club torna a vincere il campionato, ma i rapporti tra il presidente Dualib e Joorabchian cominciano a guastarsi. Nel 2006 dopo i Mondiali di Germania in cui Tevez e Mascherano si mettono in mostra, Joorabchian li piazza al West Ham, a quanto apre all’insaputa della dirigenza Corinthinas.
La formula contrattuale usata però collide con i regolamenti federali della Premier per i quali la proprietà del cartellino di un calciatore non può appartenere a un soggetto diverso da un club o dal calciatore stesso. Gordon Taylor, chief executive della Professional Footballers’ Association, parla di “tratta di esseri umani”. La Fifa nell’ottobre del 2007 interviene introducendo l’articolo 18-bis del regolamento che censura la “Third-party influence on clubs” (e cioè l’ipotesi che un soggetto privato possa influenzare un club nelle sue scelte relative al tesseramento dei calciatori), mentre la Premier League da lì a poco vieta esplicitamente le Tpo.
La Premier League, da sempre attenta nel monitorare i presunti spostamenti illeciti di denaro all’interno dei propri club, avvia un’inchiesta. Gli Hammers, nel frattempo, vedono svanire nel giro di pochi mesi i sogni di gloria. Terry Brown cede il club agli islandesi Eggert Magnusson e Bjorgolfur Gudmundsson, e l’interesse di Joorabchian nel tenere i suoi due assistiti scema tant’è che Mascherano viene spostato al Liverpool già a gennaio 2007, mentre Tevez va a Manchester a giugno. La sanzione della Premier League per il trasferimento illecito dei due giocatori tuttavia è meno grave del previsto. Scongiurato il rischio di una penalizzazione in classifica, col West Ham che riuscirà a salvarsi soltanto all’ultima giornata, i londinesi se la cavano con una multa da 8,5 milioni di euro.
Chiuso il canale con Kia Joorabchian e la MSI, le vie di mercato “alternative” sono rimaste una prerogativa degli Hammers. Nell’anno della risalita, col club passato nel frattempo sotto il controllo del duo americano formato da David Sullivan e David Gold, una piccola parte dei tredici milioni spesi nel mercato vanno a finire nelle casse di un club uruguaiano di seconda divisione, il Deportivo Maldonado, per il prestito di Brian Montenegro. L’allora diciottenne paraguaiano indosserà la maglia claret-blue solo per dodici minuti e, dopo essere tornato in Sudamerica, farà capolino in Inghilterra per una seconda volta nel 2015, disputando cinque partite con la maglia del Leeds. La particolarità di Montenegro, però, non è tanto la chiara inutilità del suo acquisto, quanto la provenienza. Il Deportivo Maldonado, infatti, aveva acquistato l’attaccante poche settimane prima dal Tacuary, salvo poi rigirarlo in prestito agli Hammers.
Stessa tattica adottata nell’estate 2016, quando sempre dal Deportivo è giunto a Londra l’argentino Jonathan Calleri. Oggetto del desiderio di diversi club europei (tra cui l’Inter), Calleri sembrava destinato ad approdare in Europa già nell’estate 2015. Le lungaggini burocratiche per ottenere il passaporto italiano, però, lo costrinsero a restare al Boca Juniors. Trasferimento posticipato di qualche mese, col passaggio al Maldonado che sembrava essere il preludio allo sbarco nel vecchio Continente. Così non fu, perché i tempi per il passaporto si prolungarono e la soluzione di “comodo” venne trovata in Brasile: il San Paolo sborsò la cifra richiesta e il Deportivo Maldonado se lo ritrovò in squadra sei mesi dopo con la stessa valutazione di prima e con un passaporto italiano in più. Facile, a quel punto, prevedere il grande salto, e dove se non al West Ham? È lì che Calleri ha trovato casa questa estate con un prestito oneroso da 4 milioni di euro. Ma dal Deportivo Maldonado sono transitati, tutti senza giocare un minuto o quasi in Uruguay, anche altre stelle andate in Portogallo (Alex Sandro al Porto), in Spagna e anche in Serie A (Estigarribia alla Juventus, Ivan Piris tra Roma e Udinese). Il club uruguaiano infatti è una sorta di società calcistica off-shore che funge da “ponte” per i trasferimenti di sudamericani in Europa sfruttando un regime fiscale agevolato grazie alle riforme del 2006 e, in quanto s.a.d. (società sportiva anonima), paga un’aliquota inferiore per le transazioni internazionali. Al vertice di questa società, nel 2010, come presidente e vicepresidente c’erano Malcom Caine e Graham Shear. Quest’ultimo è un avvocato dello sport, come riporta Bloomberg, già rappresentante di Media Sports Investment nell’affare Tevez e uno dei massimi esperti in Tpo. Un cerchio che si chiude, insomma, e manna dal cielo per chi, dal Sudamerica, vuole far arrivare i propri giocatori in Europa. E per “propri”, il riferimento non è certo alle società di calcio. Perché, oltre ai “risparmi” fiscali, la triangolazione fra club permette di dribblare “comodamente” il divieto di proprietà di quote del cartellino da parte di soggetti privati (Tpo) sancito dalla Fifa a partire dal 1° maggio 2015.