Indagine della Procura di Roma sul presidente della Sampdoria Massimo Ferrero per truffa e autoriciclaggio

Nuovi guai per il presidente della Sampdoria, Massimo Ferrero, coinvolto in una indagine del Nucleo Speciale di Polizia Valutaria, che riguarda anche altre persone. I reati ipotizzati, a vario titolo, sono appropriazione indebita, truffa, emissione e utilizzo di fatture false, autoriciclaggio e impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita.
In particolare, informa una nota della Guardia di Finanza, nell’ambito dell’operazione denominata “Fuori Gioco” , il Nucleo Speciale di Polizia Valutaria ha dato esecuzione a un decreto di sequestro preventivo – emesso dal Gip del Tribunale di Roma su richiesta della Procura – per un valore complessivo di oltre 2,6 milioni di euro nei confronti della Sampdoria, del presidente Massimo Ferrero e di altri 5 indagati. Secondo la ricostruzione dei flussi finanziari da parte dell’autorità, è emerso che buona parte di tali somme sono state impiegate per l’acquisto di un immobile di pregio in Firenze, in via dei Renai (anch’esso sottoposto a sequestro).
Oggetto del sequestro anche il club doriano, destinatario del provvedimento per un importo di oltre 200mila euro. Le investigazioni, inoltre, hanno consentito di individuare alcune ipotesi di distrazione dalle casse della società calcistica per un importo di circa 1,2 milioni di euro, parte del denaro incassato dalla cessione di Pedro Obiang al West Ham nell’estate del 2015, attraverso l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti emesse da un’altra società riconducibile al Ferrero, benché formalmente amministrata da altra persona. Tali somme di denaro risultano poi in parte reimpiegate per sanare situazioni debitorie di altre società del “Gruppo Ferrero” e per finanziare altre due società riconducibili al presidente della Samp, per l’attività di produzione di un film da distribuire nel circuito cinematografico.
“Le indagini – prosegue la nota della GdF – hanno inoltre fatto emergere finte controversie di lavoro, dinanzi alla direzione territoriale del lavoro di Roma, mediante le quali, simulando l’esistenza di rapporti di lavoro subordinato con cinque società del gruppo, venivano conclusi cinque distinti accordi transattivi, con percezione indebita di 500mila euro (100mila euro per ciascuna società)”.