Palermo, la fine si avvicina: la Procura chiede il fallimento del club

Il Palermo, escluso dalla Serie B e prossimo alla radiazione, è ormai ad un passo dal crac. La Procura palermitana ha depositato la seconda istanza di fallimento nel giro di due anni, stavolta in uno scenario decisamente più catastrofico. Se a marzo 2018 il Tribunale aveva infatti respinto la richiesta dei pm guidati da Francesco Lo Voi, adesso il club rosanero versa in condizioni ancor più disastrose: la mancata iscrizione al campionato di competenza, i 45,4 milioni di debiti certificati nella trimestrale al 31 marzo scorso (dei quali la Covisoc era al corrente) e gli 8,3 milioni di buco patrimoniale che secondo l’organo di vigilanza non sono stati ripianati aprono la strada ad ipotesi di reato ben più gravi di quelle contestate negli scorsi mesi a Zamparini, ovvero la bancarotta.

La partita tra il Palermo e la Procura inizia a luglio 2017, con le prime ispezioni della Guardia di Finanza (presso la sede e presso l’abitazione dell’imprenditore friulano) a seguito di una richiesta di fallimento avanzata quattro mesi prima dalla Fp Sports Associated dell’intermediario di mercato Martijn Odems. L’agente era stato coinvolto in alcune operazioni del club con calciatori sudamericani – da Pastore fino al carneade Sperduti – ma ha poi raggiunto un accordo col Palermo per ritirare l’ingiunzione da 650 mila euro. Nonostante ciò, la sua azione ha dato il via libera alla Procura che a novembre ha presentato la propria istanza di fallimento basata sulle tesi del consulente Colaci, secondo cui il club aveva circa 63 milioni di debiti e un patrimonio netto negativo, a causa della svalutazione effettuata sul credito che la società ha ottenuto cedendo Mepal, la controllata a cui era stato conferito il marchio.

L’operazione di compravendita del marchio, più volte ripetuta dal club rosanero, è al centro di tutta la vicenda. Dopo aver ceduto nel 2006 il brand in una operazione di lease back a Locat (società del gruppo Unicredit) con una valutazione di 30 milioni. La prima rata del leasing è pari a 9 milioni e l’impegno prevede il pagamento di 107 canoni mensili, dunque la plusvalenza di 30 milioni viene spalmata su nove anni, a partire dal 2007. Prima ancora che scada il leasing, però, il contratto con Locat viene ceduto nel 2014 dal Palermo alla controllata Mepal Srl insieme ad altre licenze per un totale di 17 milioni. Due anni dopo, nel 2016, è la stessa Mepal ad essere ceduta ad un’altra società, la lussemburghese Alyssa, facente riferimento proprio a Zamparini. Valore dell’affare: 40 milioni (con plusvalenza da 21,9 milioni) che fino alla presentazione della prima istanza di fallimento non sono mai stati saldati, neanche parzialmente, motivo per cui la Procura giudica “fittizio” il credito generato dall’operazione. Tesi che porterà Zamparini ai domiciliari e ad un processo, iniziato lo scorso 10 luglio.

Il primo round fallimentare si chiude con la vittoria del Palermo, perché il collegio dei periti nominato dal Tribunale non evidenzia “segnali di decozione” della società e sottolinea anzi alcuni errori commessi da Colaci, consulente della Procura, nella propria documentazione. In più Alyssa, cioè Zamparini, inizia a pagare parte del debito: una prima rata da 4 milioni, seguita poi da due compensazioni di debiti verso il socio finanziatore (ovvero sempre verso Zamparini), per un totale di 17,2 milioni saldati entro il 30 giugno 2018, quando però il contratto prevedeva un saldo di 20 milioni. I 2,8 milioni restanti rientreranno soltanto a marzo 2019, col Palermo in piena crisi di liquidità e in cerca di soldi per pagare gli stipendi ai calciatori, ma già all’epoca il debito non era più di Alyssa. Poco prima di finire ai domiciliari, Zamparini cedette le quote agli inglesi di Sport Capital Group, sia del Palermo che di Mepal. Quest’ultima si impegnò ad accollarsi il debito della holding lussemburghese, senza però riuscire a saldarlo del tutto. Anche perché entrambe le società (Palermo e Mepal) sono finite in mano a Daniela De Angeli, storica assistente di Zamparini, motivo per cui gli inquirenti ritengono che potrebbe trattarsi di una retrocessione delle quote al vecchio proprietario. La cessione dello scorso 3 maggio alla Arkus Network dei fratelli Tuttolomondo, infine, non ha portato al rientro della cifra prevista, con conseguente mancata iscrizione del Palermo al campionato.

Il verdetto definitivo di Covisoc e Figc ha portato la Procura palermitana a presentare una seconda istanza di fallimento, considerando inoltre l’insolvenza del club che non ha pagato gli stipendi di marzo, aprile, maggio e giugno ai propri tesserati, in attesa di essere svincolati. Gli stessi giocatori si sono inoltre rivolti all’Aic per presentare un’altra istanza di fallimento. Zamparini, che deve già rispondere di falso in bilancio negli esercizi relativi al 2014, 2015 e 2016, a questo punto potrebbe non essere il solo a doversi presentare davanti ai giudici. E il Palermo, che ripartirà dalla Serie D con una nuova società, vede nuovamente dinanzi a sé le porte del fallimento.