Barcellona, Real Madrid, Athletic Bilbao e Osasuna hanno ricevuto aiuti di stato dalla Spagna. È questo il verdetto della quinta sezione della Corte di giustizia dell’Unione Europea, a cui si è rivolta la Commissione Ue impugnando la sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 26 febbraio 2019, la quale ha a sua volta annullato la decisione della commissione del 2016 sugli aiuti di stato concessi dalla Spagna ai suddetti club calcistici. Una situazione che la stessa corte definisce “controversa” e che si basa sulla legge sullo sport del 15 ottobre 1990, secondo cui tutti i club sono dovuti diventare società sportive per azioni con “un’eccezione per i club calcistici professionistici i cui bilanci si erano chiusi in attivo negli anni precedenti l’adozione di tale legge”, come appunto nel caso delle quattro società coinvolte in questo procedimento. Tale differenza ha permesso loro di beneficiare “di un’aliquota specifica di imposta sui loro redditi”, rimasta inferiore rispetto a quella prevista per le società sportive per azioni fino al 2016.
Per la Commissione Ue, con questo meccanismo la Spagna ha “illegittimamente introdotto un aiuto sotto forma di privilegio fiscale relativo all’imposta sulle società”, concludendo inoltre che “tale regime non era compatibile con il mercato interno e ha, di conseguenza, ordinato al Regno di Spagna di porvi fine e di recuperare presso i beneficiari la differenza tra l’imposta sulle società pagata e l’imposta sulle società che avrebbero dovuto corrispondere se avessero avuto la forma giuridica di SSPA, a decorrere dall’esercizio fiscale dell’anno 2000, fatta salva, in particolare, l’ipotesi in cui l’aiuto sia un aiuto de minimis”. Tale sentenza è stata impugnata dinanzi al Tribunale Ue dal Barcellona, che ha presentato ricorso il 7 aprile 2016 e si è visto dare ragione dalla quarta sezione del tribunale il 25 aprile 2017, autorizzando il Regno di Spagna a intervenire a sostegno delle conclusioni del club catalano.
Lo sconto sulla tassazione di cui avrebbero usufruito i quattro club in causa, per oltre vent’anni, sarebbe del 5% annuo (con un’aliquota del 25% contro il 30% previsto per le altre società sportive, perché considerate non-profit). Secondo il Tribunale Ue, i club in questione avrebbero sì ottenuto un vantaggio dal diverso trattamento fiscale, ma l’analisi che ne deriva “non può essere disgiunta da quella degli altri elementi che compongono il regime fiscale degli enti senza scopo di lucro” e il Tribunale sottolinea inoltre come “il Real Madrid Club de Fútbol aveva rilevato che la deduzione fiscale per il reinvestimento dei proventi straordinari era più alta per le SSA rispetto agli enti senza scopo di lucro”. In sostanza, per i giudici, ”la Commissione non ha assolto in modo adeguato all’obbligo di provare che la misura controversa conferisse un vantaggio ai suoi beneficiari”.
Un verdetto che è stato nuovamente ribaltato dalla Corte di giustizia dell’Ue, la quale evidenzia come il Tribunale non si sia pronunciato “sulla questione se la misura controversa conferisse effettivamente un vantaggio ai suoi beneficiari, ma si è limitato a constatare che la Commissione non aveva sufficientemente dimostrato l’esistenza di un siffatto vantaggio” e “che misure nazionali che conferiscono un vantaggio fiscale, le quali, pur non comportando un trasferimento di risorse statali, collochino i beneficiari in una situazione finanziaria più favorevole rispetto agli altri contribuenti, sono idonee a procurare un vantaggio selettivo ai beneficiari e costituiscono pertanto aiuti di stato”. La Commissione, inoltre “doveva esaminare esclusivamente, nella decisione controversa, il «regime di aiuti» istituito dalla misura controversa, e non gli «aiuti individuali» di tale regolamento, concessi sulla base di tale regime”. Di conseguenza, “il Tribunale ha commesso un errore di diritto”.