Cassazione: Maradona aveva diritto al condono (peccato non averlo sancito nel 2013)

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Diego Armando Maradona avrebbe avuto diritto al condono del quale ha beneficiato il Calcio Napoli. Per il Pibe de Oro, scomparso lo scorso 25 novembre, si chiude un braccio di ferro con il fisco italiano che va avanti dai primi anni del 2000. La questione è relativa al pagamento degli stipendi ad altri ex campioni azzurri, Alemao e Careca. È stato messo tutto nero su bianco dalla Cassazione (ordinanza n. 6854), presieduta da Lucio Napolitano. Maradona avrebbe dunque potuto, come gli altri due ex calciatori brasiliani (a Napoli all’epoca del secondo scudetto) intervenire nel giudizio alla commissione tributaria centrale. Nell’ordinanza della sezione tributaria civile si legge: “Se si negasse a Maradona la possibilità di intervenire nel giudizio dinanzi alla commissione tributaria centrale, per beneficiare del condono cui ha beneficiato la Società, vi sarebbe una palese assenza di tutela effettiva del contribuente, che non avrebbe alcuna altra possibilità di far valere le proprie ragioni in altra sede, con il verificarsi di una vera e propria denegata giustizia”. A Maradona gli atti del fisco non furono mai notificati, in quanto l’ex numero 10 del Napoli non era più in Italia. Viene specificato che la sentenza impugnata viene “dunque cassata”, contemplando il rinvio alla commissione regionale della Campania, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità. Difatti il giudice del rinvio dovrà verificare una volta esteso il condono di cui ha beneficiato il sostituto d’imposta (Società Calcio Napoli) anche al calciatore Maradona (sostituito), la sua posizione tributaria per il debito residuo nei confronti dell’amministrazione finanziaria.

Un vittoria postuma che risulta ancora più beffarda visto che questa soluzione sarebbe stata possibile individuarla già 2013…

Il SOLE 24 ORE

Dal Fisco nessuno sconto per Diego Maradona

Evasione. gli uffici escludono l’estensione della sentenza che riconosce il condono fatto dalla società

IL Sole 24 Ore | NORME E TRIBUTI | 02 FEBBRAIO 2013 | Marco Bellinazzo

Il debito di Diego Armando Maradona con il Fisco – 40 milioni – non è estinto. Il ricorso dei legali del Pibe de Oro per “aderire” alla causa in atto tra l’amministrazione finanziaria, i calciatori Alemao e Careca e la Società sportiva calcio Napoli (Sscn) è stato respinto dalla Commissione tributaria centrale con una sentenza (n. 598) depositata ieri, nella quale però viene confermato l’annullamento degli accertamenti per i due calciatori e per il club. I diritti d’immagine Nel 1991 furono notificati a Maradona, alla Sscn e ai due calciatori brasiliani avvisi di accertamento Irpef relativi a diverse annualità tra il 1986 e il 1990. Il Fisco contestava la prassi per cui la società corrispondeva, oltre all’ingaggio, compensi per lo sfruttamento dei diritti d’immagine attraverso società con sede all’estero (come la Diego Armando Maradona Productions di Vaduz) che poi li “triangolavano” agli atleti. Maradona all’epoca della notifica non era più in Italia e quindi non impugnò, a differenza degli altri destinatari, gli accertamenti. La vicenda giudiziaria Mentre in primo grado il giudice (decisione n. 3230/93) aveva confermato le accuse del Fisco qualificando queste operazioni alla stregua di una truffa imperniata su un'”interposizione fittizia” delle società estere, in appello – siamo nel ’94 – la commissione tributaria regionale ha annullato gli accertamenti diretti alla società, a Careca e Alemao. Per la Ctr di Napoli, infatti, l’ufficio imposte non ha fornito la prova che la triangolazione all’estero dei diritti d’immagine avesse finalità elusive. In tre pagine della sentenza del ’94 (la n. 126), peraltro, si parla di Maradona e si precisa che «i giudici penali per tutti e tre i calciatori hanno escluso che i corrispettivi versati agli sponsor fossero in realtà  ulteriori retribuzioni». Gli avvocati della difesa ritengono, perciò, che per effetto del principio di solidarietà l’obbligo del campione argentino sia «necessariamente collegato a quello della Sscn: per cui la definizione della controversia nei confronti della società avrebbe comportato automaticamente anche la definizione della propria causa». Dovrebbero quindi estendersi a Maradona gli effetti dell’annullamento. La commissione centrale Tesi da sempre respinta dall’agenzia delle Entrate e ora anche dalla commissione tributaria centrale (organo della giustizia fiscale, formalmente soppresso, ma che resta in vita con il compito di decidere sulle vertenze iniziate prima dell’aprile ’96). Per la commissione «Maradona – si legge a pagina 4 – è rimasto estraneo al giudizio perché non ha impugnato l’avviso di accertamento notificatogli, sì che l’obbligazione tributaria nei suoi confronti si è consolidata». Insomma, non avendo Maradona fatto ricorso contro gli avvisi notificati nel ’91 è risultato «acquiescente» e non può beneficiare della decisione favorevole al Napoli del 1994. Decisione convalidata ora dalla commissione centrale anche perché la Sscn ha ottenuto il condono in base alla legge 289 del 2002 (e Maradona non ha fatto neppure questa richiesta). Quindi, concludono i giudici: «La definizione della controversia del sostituto (la Sscn), anche quando abbia ad oggetto la stessa materia imponibile, non comporta la definizione automatica degli obblighi del sostituito (Maradona), la cui obbligazione tributaria deve essere soddisfatta in base alla propria aliquota marginale».

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