L’Udinese si dichiara pronta a lasciare la Dacia Arena e a chiedere un rimborso da oltre 48 milioni di euro. I rilievi dell’Autorità Nazionale Anticorruzione in merito alla procedura di cessione del diritto di superficie dello stadio Friuli per 99 anni da parte del Comune di Udine ha portato alla reazione del club bianconero, che ha già annunciato ricorso nelle sedi opportune, ma ha anche paventato la possibilità di richiedere la risoluzione anticipata del contratto che dal 2013 è gestito direttamente dalla società friulana. “Questa decisione – si legge nella nota dell’Udinese – giunge anche a seguito delle pretestuose e reiterate contestazioni subite in questi ultimi anni”. Il club della famiglia Pozzo, inoltre, “chiederà il rimborso di 48.530.000 euro, somma pari alle spese sostenute per i lavori di abbattimento e ristrutturazione dell’impianto. Contemporaneamente, la società si impegna ad individuare un’area alternativa per la costruzione di un nuovo stadio, riprendendo in esame le pratiche a suo tempo avviate. Una delle opzioni allo studio per il nuovo impianto sarebbe Pasian di Prato”.
La delibera dell’Anac dello scorso 26 maggio ritiene “che lo stadio non può essere considerato alla stregua di una struttura privata di proprietà della società” poiché quanto previsto dal contratto di concessione del diritto di superficie (che ha sostituito la convenzione del 2011) non si esaurisce “con l’alienazione del diritto di superficie verso la ristrutturazione” ma comprende “anche ulteriori elementi tra cui la gestione dello Stadio, principale prestazione richiesta in sede di gara”. Sempre nella stessa delibera, l’Anac “rileva l’omesso controllo dei lavori di manutenzione annuale per un ammontare di 250 mila euro annui, a carico della società, per tutta la durata del diritto di superficie” e l’inadempimento contrattuale “per la mancata presentazione di una legittima garanzia verso l’assolvimento di tutti gli obblighi relativi ai lavori di manutenzione straordinaria per un ammontare di 250 mila euro annui e del pagamento del corrispettivo dilazionato a valere sul corrispettivo per la cessione del diritto di superficie”. Sia il Comune che l’Udinese sono invitate a comunicare all’Autorità le determinazioni assunte per rimuovere le illegittimità o irregolarità entro 45 giorni.
“Se si ritiene che il problema sia l’Udinese – ha dichiarato Alberto Rigotto, direttore amministrativo del club bianconero – noi siamo pronti a togliere il disturbo. L’Udinese non andrebbe a chiedere alcun risarcimento né interesse ma solamente il rientro di quelle somme che sono state anticipate. Parliamo di circa 48,5 milioni di euro. Crediamo che la misura sia colma nell’ambito del perdurare di questi atteggiamenti di chi sembra che non stia riconoscendo quanto è stato fatto in questi anni. Ci sono amministrazioni comunali limitrofe che hanno sempre assicurato di accoglierci a braccia aperte e noi siamo disposti a rifare degli investimenti importanti in altre località. Siamo già in contatto, come lo eravamo in altri tempi, con altri comuni per poter rifare – anche celermente – l’impianto altrove. Un primo contatto era già avvenuto a Pasian di Prato ma nella cintura udinese ci sono anche altri comuni molto vicini alle principali arterie stradali. Non si tratta di una boutade ma di ragionamenti approfonditi e già attuati in passato. Credo sia a questo punto legittimo, da parte nostra, immaginare un percorso alternativo”.
Già il 17 giugno 2015 l’Anac si era pronunciata in merito all’iter, rilevando il mancato rispetto di “prescrizioni in tema di concessioni di lavori, stante l’assenza, in particolare, di un’analisi di convenienza economica dell’operazione da parte dell’amministrazione” e il mancato esercizio da parte del Comune di “un adeguato controllo sulla corretta esecuzione delle prestazioni demandate all’aggiudicatario”. Inoltre “non è stato effettuato un confronto concorrenziale” e “la nomina a responsabile del procedimento per Udinese Calcio S.p.A. di un dirigente comunale appare connotata da profili di incompatibilità”. Tale deliberazione è relativa al fascicolo 120 del 2014, sul contratto tra l’Udinese e il Comune di Udine per la ristrutturazione dell’impianto. Il documento, firmato dall’allora presidente dell’Anac, Raffaele Cantone, specifica come la procedura scelta dall’amministrazione comunale sia “risultata comunque rispettosa del principio di concorrenza” e che la violazione fosse “di carattere prevalentemente formale”.