Creare una tv autonoma della Lega di serie A che possa offrire “direttamente” ai quattro/cinque milioni di tifosi che oggi acquistano il prodotto calcio dalle pay-tv i 380 match del campionato. Sarà questo il cuore della proposta che Marco Bogarelli, il presidente di Infront Italia, l’advisor della Lega, presenterà all’assemblea che si riunisce oggi a Milano per avviare il percorso di vendita del pacchetto di diritti tv (domestici e internazionali) relativi al triennio 2015-18. Un pacchetto che vale “ancora” il 65% del fatturato della A, per una cifra complessiva di tre miliardi di euro.
Canale Serie A. La riunione di questo pomeriggio si annuncia come una delle più tese degli ultimi anni, soprattutto alla luce della lettera di fine agosto nella quale sette club (Fiorentina, Inter, Juventus, Roma, Sampdoria, Sassuolo e Verona) hanno manifestato al presidente di Lega Maurizio Beretta la necessità di effettuare nuove indagini sulle potenzialità commerciale dei diritti tv del calcio tricolore ed eventualmente di ripensarne le procedure di vendita. Con l’obiettivo, tutt’altro che facile da raggiungere in un contesto economico di recessione, in cui i consumi sono in calo verticale e il fatturato pubblicitario ha subito in due anni e mezzo una contrazione di oltre 3 miliardi di euro, di incrementare i ricavi. La proposta di Bogarelli potrebbe mettere tutti d’accordo, visto che una delle richieste provenienti dalle sette società riguardava proprio lo sviluppo del Canale Serie A. Per il lancio del quale potrebbe bastare un investimento iniziale di 65/70 milioni. La Lega così potrebbe produrre e vendere direttamente le partite, acquistare le frequenze o affittarle e sfruttare tutte le piattaforme tecnologiche (dal digitale terrestre al satellite al web) disponibili. Per l’implementazione del sistema e la “migrazione” dei tifosi occorrebbero almeno 18/20 mesi e dunque la decisione non potrà essere procrastinata a lungo. È chiaro che un piano del genere, di non semplice realizzazione va detto, potrebbe sconvolgere l’attuale assetto del mercato televisivo, e in definitiva potrebbe rappresentare quell’“alternativa” indispensabile per rendere concorrenzale e ancora remunerativo (per i club) il mercato interno. Un mercato in cui i due unici players principali (lo sbarco di Al Jazeera più volte paventato non è all’orizzonte) Sky e Mediaset, che da soli hanno versato nelle casse delle società mediamente 829 milioni a stagione, sembrano orientati a rivedere al ribasso i rispettivi budget. In altri paesi è stata la concorrenza fra broadcaster e aziende tlc (Bt contro BSkyb in Gran Bretagna e Sky contro Duetsche Telekom in Germania) a portare ad aumenti dei fatturati da diritti tv a doppia cifra.
Il ruolo dell'advisor. Nella lettera dei 7 club vi sono altre richieste come la riflessione sul ruolo stesso dell’advisor il cui contratto scade nel 2016 e sulla possibilità di indire una gara per la scelta di un nuovo soggetto come nel 2007. All’epoca parteciparono alla gara 12 soggetti (Mediobanca spa, Innova et Bella, Rai Trade, Sportfive, Lehman Brothers e KPMG, Infront Italy, IMG Media, Octagon Inc., Unipol Merchant, Rothschild, Value Partners e DLA Piper). Dopo una prima fase di verifica furono selezionate tre società: IMG, Infront e Sportfive. Il 1° luglio 2008 il Consiglio della Lega approvò infine la proposta di Infront, unico dei soggetti candidati ad impegnarsi con un minimo garantito di 900 milioni all’anno per tutte le sei stagioni per un totale di 5,4 miliardi (IMG che ha avanzato la sua candidatura anche per il futuro e che ha avviato da poco un processo di dismissioni, all’epoca aveva garantito un minimo di 860 milioni e non per tutte le stagioni): il contratto di advisoring venne poi sottoscritto il 27 gennaio 2009 dopo che la stessa Lega aveva dato l’ok definitivo. Nelle stagioni precedenti all’accordo di commercializzazione collettiva dei diritti tv si raggiungevano mediamente ricavi per 666 milioni a stagione. Nella prima stagione con Infront la cessione ha fruttato 942 milioni di euro mentre l’attuale sarà la prima con ricavi superiori al miliado di euro (829 dai diritti interni per le pay tv, 58 dai diritti in chiaroe 117 dall’estero). Con un incasso medio a stagio e di 986 mioini (+41%).
Diritti tv "esteri". Un altro motivo di attrito riguarda la redditività della cessione dei diritti tv all’estero. Per i 7 club "dissidenti", per la crescita della A "è necessario che la Lega si adoperi per massimizzarne lo sviluppo". Per il triennio 2012/15 c’è stata una gara vinta da Mp&Silva che ha garantito le somme più consistenti: 114 milioni per la stagione 2012/13, 117 per la stagione 2013/14 e 120 per la stagione 2014/15. Le altre offerte erano stato depositate da B4 (che aveva offerto 96 milioni ad anno), da IMG (che avev offerto in media 92,5 milioni), Kentaro (90 milioni annui), Pitch (90 di media), Ufa (85) e Sportfive aveva presentato un’offerta più articolata con un minimo garantito base di 92 milioni a stagione. Anche su questo fronte per il prossimo triennio si potrebbe passare alla vendita "diretta", se le nuove offerte non saranno ritentue soddisfacenti dell’assemblea. Oggi Infront diffonderà un’indagine affidata su richiesta della Lega a un soggetto indipendente (Value Partners) sull’appeal del calcio italiano basata sul confronto con la Premier (che nell’ultima stagione ha incassato all’estero 450 milioni e in quella attuale li raddoppierà) e la Bundesliga. Leghe che operano però in contesti macroeconomici più favorevoli. Nello scenario della pay Tv, per esempio, in Italia il quadro è molto sfavorevole: livello prezzi al cliente finale è basso (24 euro contro i 52 in Gran Bretagna per un pacchetto calcio-base) e la dinamica degli abbonamenti negativa. Dall’indigne emerge, tra l’altro, il rischio di un’ulteriore perdita di attrattività delle serie A in mancanza di interventi di recupero della qualità del prodotto come gli stadi e di iniziative promozionali più efficaci.