Il calcio italiano Spa prova a prendere in contropiede la crisi. Il torneo 2013/14, partito con la sorprendente vittoria dell’Hellas Verona nella sfida con il Milan, potrebbe essere quello della “svolta” dopo gli anni dell’austerity e del risanamento dei conti imposto da difficoltà economiche “endogene” e dal financial fair play.
Il prezzo dei sacrifici è stato alto, con l’addio di molti campioni (che per fortuna hanno portato spesso a lauti incassi) e una generale perdita di appeal di quello che era unanimemente riconosciuto come il “campionato più bello del mondo”.
In un paio di stagioni, però, le società italiane hanno saputo invertire la rotta come emerge dalla fotografia contabile del 2012. Rispetto all’anno precedente, i risultati d’esercizio dei club con maggiore anzianità nella massima serie evidenziano un miglioramento, dovuto soprattutto a cessioni di atleti e a tagli agli ingaggi, di oltre 150 milioni. Un trend che, tra riduzione delle perdite e incremento degli utili, dovrebbe essere confermato, se non addirittura rafforzato, nel 2013 (i bilanci relativi alla scorsa stagione saranno approvati in autunno dalle assemblee). La Juventus (con un fatturato 2013 di oltre 270 milioni) e il Milan dovrebbero avvicinarsi al pareggio o fare meglio. Uniche eccezioni sono la Roma e l’Inter. La Roma targata Usa tra il 2011 e il 2012 ha visto i conti peggiorare di circa 30 milioni passando da un deficit di -26 a un rosso di 58 (nei conti al 31 marzo 2013 il passivo è di 36,4) . L’Inter che ha bruciato 77 milioni nel 2012 e che nel 2013 potrebbe bruciarne poco meno è alle soglie di un passaggio storico: a breve si avrà il closing del passaggio del club alla cordata indonesiana guidata da Erik Thohir. In entrambi i casi, il rilancio passerà dallo sfruttamento dal riassetto societario e da un marketing più orientato sul piano globale.
In ogni caso per Maurizio Beretta, presidente della Lega di Serie A, prevalgono i segnali incoraggianti. “Questo – sottolinea – sarà il primo anno nella storia in cui si incasserà più di un miliardo di euro, con 100 milioni destinati alle mutualità per la categorie inferiori. Inoltre, gli abbonamenti ad oggi sono in crescita di 28mila unità rispetto alla scorsa stagione, quando abbiamo registrato una media a turno di circa 24mila spettatori. Non ci sono molti fronti di difficoltà, ma che si possono trasformare in opportunità se Lega e club lavoreranno in sintonia. Dalla modernizzazione degli stadi a politiche innovative di marketing. Innovazione che dovrà caratterizzare anche l’approccio della Lega nei due appuntamenti cardine della stagione. vale a dire il bando per il contratto tv con un occhio di riguardo al mercato estero, posto che la serie A è già visibile in oltre 200 paesi, e il rinnovo dell’accordo collettivo con i calciatori che dovrà avere come criterio ispiratore la sostenibilità economica”.
L’imperativo categorico per tutti adesso è far crescere il fatturato e ampliare il giro d’affari rimasto sostanzialmente fermo nell’ultimo quinquennio. Dalla stagione 2010/11 a quella 2011/12 i ricavi italiani, pari a 1,6 miliardi, sono saliti, si fa per dire, dell’1%, mentre il calcio europeo registrava un tasso di crescita dell’11 per cento.
Occorrerà anzitutto spezzare il “cordone ombelicale” dei diritti tv e per le big dai ricchi (ma non certo strutturali) introiti della Champions. Nei prossimi mesi si avvierà un delicato percorso di rinegoziazione per il triennio 2016-18. Non è affatto scontato che gli attuali players nel comparto delle pay tv, Sky e Mediaset (sempre che nel frattempo il mercato non sia sconvolto dall’ingresso di nuove emittenti e nuove tecnologie), siano ancora disposti a versare un miliardo all’anno. A dire il vero, in materia di diritti tv il calcio italiano se da quelli domestici riceve più o meno quanto le leghe concorrenti (900 milioni circa), sul fronte internazionale ottiene ricavi per poco più di 100 milioni. Somma decisamente inferiore, per esempio, alla Premier league che l’anno prossimo sarà vista in 200 paesi con incassi cinque volte superiori. Per questo nei business plan di molti club viene indicata la necessità di trovare soluzioni alternative per far lievitare questa quota “forte” del ritorno di giocatori di prima fascia (come gli argentini Tevez e Higuain e il tedesco Gomez ).
“Credo che nel prossimo ciclo di diritti tv – spiega Loris Francini, Head of acquisitions and sales worldwide di IMG Media – la serie A non avrà problemi a a ottenere un livello soddisfacente di introiti dai diritti tv domestici e ad aumentare il livello di quelli internazionali. All’estero c’è un mercato tv molto concorrenziale e il calcio italiano sfrutta ancora l’abbrivio del suo passato. Con altrettanta certezza credo che, senza le necessarie innovazioni normative, commerciali e culturali, il prodotto serie A nel medio-lungo periodo vedrà aggravarsi il deterioramento e l’oggettiva perdita di appeal che si sono avuti in questi anni finendo ai margini del calcio europeo”.
Il prodotto serie A soffre peraltro di uno “spread” infrastrutturale e commerciale decennale rispetto alle esperienze maturate da inglesi e tedeschi. Al di là della speranza di vedere finalmente licenziata dal Parlamento una legge che favorisca la costruzione di nuovi impianti o la ristrutturazione di quelli esistenti, molti club si stanno muovendo (si veda anche l’articolo in pagina). La Juventus con gli investimenti per oltre 180 milioni tra lo Juventus Stadium e l’area della Continassa, e quelli dell’Udinese per 40 milioni per l’ammodernamento del Friuli hanno fatto da battistrada. Tra le tre squadre neopromosse (Sassuolo, Livorno e Verona) che con l’approdo in A potranno beneficiare di almeno 20 milioni di nuovi ricavi dai diritti tv, proprio la società emiliana grazie al supporto della Mapei ha già manifestato l’intenzione di acquisire e potenziare lo stadio di Reggio Emilia.
Gli investimenti negli stadi sono funzionali sia all’aumento dei ricavi da botteghino sia per accrescere la partnership con gli sponsor. Attraverso l’intervento di agenzie specializzate si stanno creando anche in piazze come Firenze, Catania, Parma aree hospitality, con posti “premium” che garantiscono servizi a valore aggiunto (ad esempio ristorante) e che sono venduti a prezzi maggiorati e sky box “corporate”, come quelli del primo anello di San Siro, concessi alle aziende e sfruttati per incontri di lavoro durante tutta la settimana nell’ottica “B2B”.
I new media e i portali dei club poi rappresentano un ‘opportunità di “conoscenza” diretta tra gli sponsor e i milioni di tifosi sempre più sensibili ai prodotti brandizzati raggiungibili ovunque grazie alla molteplicità di piattaforme (dalle tv delle squadre al web). In quest’ottica, il Milan con 16,4 milioni di fans su Facebook e 1,4 milioni di followers è l’esempio “social” da seguire. E forse non a caso la società rossonera con 80 milioni di euro è leader in Italia per ricavi commerciali.
Per far aumentare i ricavi si punterà infine a un miglior sfruttamento degli sponsor collettivi della Lega e per altri versi a quelli individuali degli atleti o a forme di merchandising sempre più vicine ai gusti dei supporter. La terza maglia del Napoli, club a cui va lo scudetto dei conti (e che presto potrebbe avviare importanti progetti immobiliari sul San Paolo), in versione “mimetica” è stata già venduta in decine di migliaia di esemplari.
(Dal Sole 24 Ore del 24 agosto)