“Il Piano industriale è l'architrave della riforma dei campionati. La riforma non significa infatti solo riduzione del numero dei club, ma soprattutto nuove regole e una maggiore cultura d'impresa”. Per Francesco Ghirelli, direttore generale della Lega Pro, in questa delicatissima fase, in cui si sommano gli effetti della perdurante crisi mondiale con le difficoltà che i club più piccoli devono storicamene affrontare, è fondamentale la capacità di innovare sfruttando le “opportunità” del momento e imparando a fare “sistema”.
Direttore Ghirelli, in questi giorni state presentando il nuovo Piano industriale della Lega Pro (se ne parlerà anche lunedì prossimo a Roma in un convegno sulla "Riforma del calcio professionistico"). Una Lega che sta cercando di sopperire all’avversa congiuntura attraverso numerose iniziative, come la progressiva riduzione dellle società da 69 a 60. Quali sono gli obiettivi della pianificazione industriale?
La crisi cambia gerarchie in tutti i settori e questo spaventa. Eppure bisogna affrontarla con lucidità e progettualità se si vuole essere pronti quando finirà. Il nostro piano industriale che avrà un arco temporale di almeno tre anni, nasce con l’obiettivo di ridurre/tagliare i costi e di realizzare progetti per assicurare maggiori risorse economiche alla categoria sfruttandone i punti di forza.
Quali sono i vostri “asset”?
Territorio. Valori. Innovazione. Giovani. Quando dico che occorre fare sistema mi riferisco al nostro brand. Il nostro è il calcio del territorio, rappresentiamo la storia dei comuni d’Italia, una caratteristica unica nel panorama internazionale. Inoltre, siamo la Lega che a livello mondiale ha fatto di più contro le scommesse illecite e le frodi sportive. Grazie all’Integrity Office di Lega Pro e alla collaborazione con Sportradar proseguiremo in modo serrato la strada intrapresa nel formare, monitorare e denunciare ogni forma di frauding. Infine, l’innovazione. Come Terza Divisione dobbiamo sempre stare un passo avanti rispetto agli altri altrimenti rischiamo di scomparire. La nostra dovrà essere sempre più una Lega formata dai giovani. Ecco, tutti questi asset vanno sfruttati di più e meglio sul piano delle sponsorizzazioni.
A proposito di valori è di oggi la notizia di un'indagine avviata dalla Procura di Firenze su un giro di false fideiussioni presenate alla Lega.
Abbiamo denunciato sei società: Como, Chieti, Casale Monferrato, Treviso, Bellaria e Avellino. I presidenti sono indagati a vario titolo insieme alle persone accusate di aver svolto la funzione di intermediari (tra i quali è spuntato il nome di Claudio Gentile, ndr) nella presentazione delle false polizze fidejussorie attraverso Allianz. Ci sono accuse, che vanno dalla tentata truffa in concorso alla simulazione di reato che spetterà agli inquirenti, coordinati dal pm di Firenze Sandro Cutrignelli, accertare. Noi auspichiamo che sia fatta pulizia in nome della trasparenza.
Dal punto di vista economico, qual è la situazione della Lega Pro?
Le risorse attuali sono raddoppiate rispetto a un paio di anni fa. Ma non sono sufficienti. Grazie alla “filiera” Governo-Coni-Figc otteniamo contributi per l’impego dei giovani per 16 milioni. Ma data la crisi questi fondi sono destinati a calare. Lo stesso è prevedibile che accada per i contributi destinati alla Lega Pro dalla legge Melandri. Nella stagione 2011/12 ci sono arrivati complessivamente 43 milioni con gli arretrati. Nella stagione 2012/13 poco più di 23 milioni.
Quindi servirà integrare se non sostituire queste fonti di ricavo. Come pensate di agire?
Il piano industriale cerca di fissare delle direttrici nell’ottica dell’equilibrio finanziario. La Lega Pro deve diventare il campionato dei giovani. L’età media va ulteriormente ridotta a 18-19 anni. Non ci possiamo più permettere la responsabilità di avere giocatori di 23-24 anni che raramente potranno salire di categoria. A questa età se si vuole ancora giocare a calcio lo si può fare nei Dilettanti, studiando e lavorando anche. Puntare sui giovani under 20, in sostanza, ha due vantaggi.
Quali?
Conterere in maniera rilevante i costi e riaprire il mercato nazionale. I giovani formati dai club della vecchia serie C devono diventare il bacino di riferimento per le categorie superiori. Per questo va modificato il regolamento italiano che pone troppi vincoli finanziari al calciomercato. Con le regole attuali il Milan ha potuto prendere Balotelli solo perché giocava all’estero.
La gestione Macalli-Ghirelli della Lega Pro si è anche caratterizzata per l’internazionalizzazione.
Paesi come Oman, Kuwait, Dubai e il Qatar, dove si disputeranno i Mondiali nel 2022, sono strategici per l’Italia. Noi possiamo portare lì il nostro know-how e in cambio attrarre investimenti provenienti da quell’area.
In questa direzione va anche l’idea di far diventare sempre più la Lega Pro come una Lega di servizi.
Un’organizzazione aziendale efficiente e dirigenti sempre più qualificati sono imprescindibili per assicurare un futuro alle nostre società. E la Lega deve lavorare per questo.
La tecnologia può aiutare il vostro processo di innovazione?
I nuovi media oggi permettono di raggiungere i tifosi che vivono all’estero con un facilità e con costi di trasmissione impensabili fino a pochi anni fa. Una strada che andrà battuta con più convinzione facendo in modo che, per orari e livello tecnico, le partite di Lega Pro siano uno spettacolo sempre più appetibile.
Infine, gli stadi. La legge per la costruzione di nuovi impianti o per la ristrutturazione di quelli esistenti è rimasta sepolta in Parlamento.
Guai ad aspettare la legge. Abbiamo già perso troppo tempo. Bisogna intervenire il più in fretta possibile per creare stadi accoglienti adatti alle famiglie. Servono iniziative concrete. E noi le stiamo realizzando. Per esempio, raddoppiando il contributo in conto interessi per finanziare l’abbattimento delle barriere tra il pubblico e il terreno di gioco negli stadi della Lega Pro. Grazie a una convenzione stipulata con l’Istituto per il credito sportivo, le nostre società e i comuni dove hanno sede gli stadi, godranno di una contribuzione doppia rispetto a quella standard: l’1,40% per gli enti locali e il 2% per i privati. Sono sei i club che stanno portando avanti questo progetto: Catanzaro, Cremona, L'Aquila, Martina Franca, Pavia e Perugia