Il Psg dello sceicco Al Thani pagherà tra stipendi e imposte ai nuovi acquisti Ibra, Thiago Silva, Lavezzi e Verratti, oltre 50 milioni di euro all'anno. Senza contare il prezzo dei cartellini – per più di 100 milioni di euro – questi costi strutturali danno l'idea della rivoluzione provocata dall'acquisto del club parigino nell'estate del 2011 da parte del Qatar Investment Authority.
Lo shopping in seria A e non solo, iniziato l'anno scorso con l'acquisto per altri 100 milioni dei vari Pastore, Sirigu, Menez e Thiago Motta, ha zavorrato i conti dei parigini che prima dell'era qatariota viaggiavano su un livello di fatturato analogo a quello di club italiani di media grandezza (Palermo, Genoa, Parma) e oggi prevalgono anche sulle big europee.
Ma vediamoli questi conti (esaminati insieme agli esperti di Deloitte). Nel bilancio chiuso al 30 giugno 2011 il fatturato del Psg era pari a 100,9 milioni di euro. Dai diritti tv si incassano 44,8 milioni, dagli sponsor 20,7 e dal botteghino 18,1 (da altre voci di entrata non meglio specificate arrivano ulteriori 17 milioni).
In stipendi, il vecchio Psg pagava nella stagione 2010/11 69,5 milioni. I salari insieme ad altri costi (soprattutto ammortamenti) determinavano un rosso di 29,5 milioni coperto da operazioni straordinarie di analogo valore che portavano il risultato d'esercizio finale a un rosso di soli 200mila euro (il deficit era di circa 20 milioni l'anno prima). Tra gli altri dati rilevanti spiccavano poi debiti finanziari e di altro tipo per circa 40 milioni (ripianati nell'ambito dell'acquisto del club).
Come si percepisce su un impianto non proprio florido, ma tutto sommato economicamente equilibrato, si è innestata la turbo-gestione qatariota affidata a Leonardo e al presidente Nasser Ghanim Al-Khelaïfi votata all'obiettivo di conseguire un dominio immediato in Francia e in Europa che di equilibrato ha ben poco. E che sta spingendo il Psg dritto contro il muro del fair play finanziario.
Se, infatti, da un lato il fatturato del club di Al Thani crescerà nei prossimi mesi per la partecipazione in Champions, le sponsorizzazioni e gli accessi allo stadio, è molto difficile che riesca a colmare il gap con i costi in irrefrenabile ascesa. Il City dello sceicco sceicco Mansour che può attingere al fondo di investimento della famiglia reale da Abu Dhabi negli ultimi quattro anni ha visto crescere il suo fatturato da 104 a 170 milioni di euro (nel 2011) e punta a doppiare quota 200 milioni. Ma versando oltre 190 milioni in ingaggi agli atleti difficilmente potrà avvicinarsi a quel pareggio di bilancio propagandato dalla Uefa di Michel Platini come scopo finale del "gioco" (in due anni, tra il 2010 e il 2011 il City ha bruciato oltra 350 milioni).
A meno che nel derby fra Qatar, Abu Dabi e Dubai a perdere non sia alla fine la credibilità del calcio europeo.