La Cassazione offre delle preziose precisazioni in materia di sponsorizzazioni per i dilettanti, chiarendo che le somme corrisposte per spese di pubblicità agli enti sportivi non professionistici sono interamente deducibili nell’esercizio. E non deve essere dato peso, invece, all’effettivo ritorno in termini di ricavi da parte dell’azienda-sponsor. La sentenza 5720/16 rivede quando deciso in secondo grado a favore dell’agenzia delle Entrate che aveva appunto disconosciuto la deduzione di costi di sponsorizzazione a un ente sportivo dilettantistico affinché esponesse il marchio dell’impresa sulle proprie divise e in occasione di eventi. Per i giudici di appello, infatti, tali costi non avevano portato rilevanti e significativi incrementi nelle vendite dell’azienda. Per la Cassazione, al contrario, l’articolo 90 della legge 289/2002, ha stabilito che il corrispettivo in denaro o in natura in favore di società, associazioni sportive dilettantistiche e fondazioni che svolgono attività nei settori giovanili riconosciute dalle federazioni sportive o da enti di promozione sportiva, costituisce per il soggetto erogante una spesa di pubblicità, nel limite annuo di 200mila euro. Ai fini della deducibilità l’articolo 108 del Tuir precisa che sono “spese di rappresentanza”, e quindi deducibili con la ripartizione in quote annuali entro i limiti previsti, gli oneri sostenuti per iniziative volte ad accrescere il prestigio e l’immagine dell’impresa e a potenziarne le possibilità di sviluppo, mentre sono “spese pubblicitarie”, e quindi deducibili interamente nell’esercizio, le somme corrisposte per la realizzazione di iniziative tendenti, prevalentemente anche se non esclusivamente, alla pubblicizzazione di prodotti, marchi e servizi o comunque dell’attività svolta. Se è vero che senza un nesso tra l’attività sponsorizzata e quella svolta dallo sponsor non si hanno vere spese di pubblicità (e pertanto non possono dedursi interamente), secondo la Suprema Corte, è anche vero che l’articolo 90 ha fissato una “esimente”, in quanto specifica che le somme erogate a enti sportivi dilettantistici debbano considerarsi spese di pubblicità. In definitiva è legge a prevederne l’integrale deducibilità nell’anno e a tal fine occorre verificare che: 1) i corrispettivi erogati siano destinati alla promozione dell’immagine/prodotto dell’impresa; 2) il soggetto ricevente sia una “compagine sportiva dilettantistica” che si impegni a promuovere il marchio/prodotto; 3) vi sia concretamente stata l’attività promozionale (ad es. apposizione del marchio sulle divise).