Joan Laporta è il nuovo presidente del Barcellona. Già presidente del club catalano dal 2003 al 2010, ha ottenuto il 54,3% dei voti nella tornata elettorale di questa domenica, battendo gli altri candidati Victor Font (30%) e Toni Freixa (8,6%). Sono state le elezioni presidenziali col maggior numero di votanti nella storia del Barça, con oltre 55 mila soci partecipanti. Per gli azulgrana si chiude così il breve interregno di Carles Tusquets, capo della commissione economica del club, nominato presidente ad interim dopo le dimissioni di Josep Maria Bartomeu, il cui nome è balzato agli onori delle cronache nella scorsa settimana per essere stato arrestato (e successivamente rilasciato) nell’ambito dell’inchiesta su presunte diffamazioni verso elementi di spicco della squadra catalana, come Piqué e Messi.
Proprio il futuro di Messi sarà il primo scoglio per Laporta, al ritorno da presidente. L’argentino ha un contratto in scadenza il 30 giugno e già la scorsa estate, prima che Bartomeu rassegnasse le dimissioni, aveva provato a forzare una risoluzione dell’accordo, che prevedeva però una clausola da 700 milioni di euro in caso di separazione formalizzata dopo il 10 giugno 2020. A causa della pandemia di Covid-19, la passata stagione è terminata ben oltre quella data, dunque Messi non ha potuto far scattare la clausola di uscita e la Liga ha pubblicamente riconosciuto come valida la versione del club. Adesso il fuoriclasse rosarino è libero di trattare con chiunque (Manchester City e Paris Saint-Germain sono da tempo alla finestra), ma Laporta ha già dichiarato di volergli presentare una proposta per trattenerlo in Catalogna, sminuendo le polemiche emerse dopo che El Mundo ha reso noti i compensi (circa 139 milioni lordi a stagione) riconosciuti a Messi: “Un campione come lui genera il 30% dei ricavi del club, porta più entrate che uscite”.
La situazione del Barcellona nel 2020, però, è tutt’altro che rosea. I ricavi, in costante aumento nel precedente quinquennio, si sono ridotti del 14% (circa 135 milioni in meno) al termine della stagione 2019/20, passando da 990 a 855 milioni di euro, con costi in ribasso per 18 milioni (da 973 a 955 milioni di euro). Prima che il Covid-19 fermasse tutto, il club aveva previsto ricavi per 1,059 miliardi, ma la pandemia ha peggiorato la situazione, con mancati introiti stimati in 203,7 milioni per l’emergenza sanitaria e non solo. Il tutto con un indebitamento finanziario superiore al miliardo di euro (1,17 miliardi) al 30 giugno 2020, dei quali oltre 730 milioni in scadenza entro l’esercizio attualmente in corso. L’indebitamento netto è aumentato del 55,5%, da 217 a 488 milioni di euro e tra i debiti sono inclusi 196,7 milioni per i trasferimenti di calciatori.
Il programma di Laporta, per sua stessa ammissione, si basa sulle “cinque R”: rifinanziamento del debito, riduzione dei costi, recupero dei ricavi, ripristinare la tesoreria e rivedere il budget. Nel primo caso, oltre ai negoziati con le banche, Laporta ha pubblicamente dichiarato di voler emettere dei bond quinquennali per rifinanziare il club. Sul fronte dei costi, basti pensare che la rosa ha un peso pari al 74,4% del fatturato e che il contratto di Messi è l’unico ad essere in scadenza al termine di questa stagione. Per ridurre i costi, potrebbe essere necessario passare dal suo addio, ma al momento non rientra nella strategia di Laporta, che dopo oltre un decennio torna alla guida del Barcellona con l’obiettivo di tenere il suo numero 10 ancora al Camp Nou: “Farò tutto il possibile per tenerlo – ha dichiarato qualche settimana fa a Sky Sport – va valorizzato con l’affetto che merita e con una proposta economica adeguata, ma sicuramente servirà un’offerta competitiva a livello sportivo, perché vuole vincere ancora”.