Il proprietario del Newcastle, Mike Ashley, vuole adire le vie legali nei confronti della Premier League per la mancata approvazione della cessione del club inglese ad un consorzio finanziato dal fondo sovrano saudita. Un’operazione naufragata nel luglio 2020, dopo sedici settimane di attesa di un riscontro da parte della lega, che ha valutato l’offerta da 300 milioni di sterline (346 milioni di euro). Ashley ha accusato la Premier, anche con frasi ad effetto, dichiarando che “è ora che le forze oscure che stanno impedendo a questo club calcistico di diventare la potenza che i tifosi meritano si facciano da parte”. Ad un anno dal mancato affare, ora prova a trovare una soluzione tramite la via giudiziaria.
L’intesa tra Ashley e il consorzio arabo era stata trovata ad inizio 2020. Il fondo sovrano saudita dell’erede al trono Mohammed Bin Salman, tra i primi dieci fondi sovrani al mondo con una dotazione pari a 300 miliardi di dollari, aveva messo sul tavolo l’offerta richiesta dall’imprenditore inglese, fondatore della principale catena di negozi di abbigliamento sportivo in Inghilterra, la Sport Direct. Ashley aveva inoltre necessità di fare cassa dopo la crisi di House of Fraser, altro suo investimento, ben prima che esplodesse la crisi causata dal Covid-19. Senza dimenticare che la tifoseria del Newcastle, da anni, è in aperto conflitto con lo stesso Ashley, per i risultati deludenti ottenuti dai Magpies nell’ultimo decennio, con due retrocessioni in Championship.
A novembre, il Newcastle ha confermato di aver avviato un procedimento contro la Premier League per il mancato buon esito dell’operazione, mentre più recentemente Ashley ha ribadito il suo impegno a trovare un accordo col fondo saudita per cedere il club, nonostante l’esito negativo dell’arbitrato. Anche allora, il proprietario del Newcastle accusò la Premier League di aver negato ai tifosi “ciò che meritano”, ponendo il veto a nuovi investimenti nel club.
A fare pressione sulla Premier League, nei mesi che hanno preceduto il mancato closing, sono arrivate le proteste di beIn Sports e di Amnesty International. Per quanto riguarda l’emittente qatariota, una lettera indirizzata ai venti club di Premier League, firmata dall’ad Yousef Al-Obaidly, ha sottolineato come il governo saudita favorisse “il furto dei diritti commerciali della Premier League e, a sua volta, le entrate commerciali dei club, attraverso il sostegno al servizio pirata di beoutQ”. Sul fronte umanitario, invece, sono stati espresse contestazioni in merito al rispetto dei diritti umani in Arabia Saudita, con il conseguente dubbio legato al “fit-and-proper test” a cui devono sottoporsi gli acquirenti dei club inglesi per valutare eventuali precedenti penali.