Multiproprietà, ecco come funzionano nel mondo (dalle multinazionali europee al modello messicano)

Quello delle multiproprietà delle società di calcio è uno dei temi più scottanti delle settimane che hanno seguito l’elezione di Carlo Tavecchio a presidente della Federcalcio. In Italia, secondo l’articolo 16-bis delle norme organizzative interne federali, non si possono possedere due squadre militanti nella stessa divisione, mentre si possono avere partecipazioni in più società militanti in categorie diverse. Questo è il caso di Claudio Lotito, proprietario della Lazio e co-proprietario della Salernitana per una deroga al regolamento federale che ora dovrebbe essere appunto “istituzionalizzata”. La proposta in questa direzione è presente nel programma illustrato da Tavecchio per la sua candidatura alla presidenza della Figc. Anche se rappresenterebbe un unicum nel calcio italiano ed europeo, dove oggi si trovano forme di multiproprietà ma con squadre estere o di partnership non identificabili in vere e proprie multiproprietà. Secondo i regolamenti Uefa, del resto, una sola persona non può essere proprietaria di più squadre partecipanti nelle competizioni europee.

Dal Chelsea al Cardiff. Non si è trattata di vera e propria multiproprietà, ma nel 2004 ha suscitato non poche critiche il conflitto d’interessi riguardante Roman Abramovich. Nel marzo 2004, la Sibneft di Ambramovich ha raggiunto un accordo di partnership da 41 milioni per tre anni col Cska Mosca. Nella Champions League 2004-05, Chelsea e Cska si sono trovate di fronte nello stesso girone eliminatorio con Porto e PSG. Le partite del girone tra le due squadre vennero vinte entrambe dal Chelsea, che con la vittoria a Mosca ottenne il passaggio aritmetico del turno. Nessuna delle due partite ha tagliato fuori le rivali alla corsa al secondo posto (conquistato dal Porto, mentre il Cska Mosca venne retrocesso in Coppa Uefa dopo aver battuto il PSG in casa all’ultima giornata, scavalcandolo in classifica). Nell’ottobre 2005 Abramovich ha ceduto le sue quote Sibneft a Gazprom, che poi ha cancellato l’accordo col CSKA in quanto già sponsor dello Zenit. Gazprom rappresenta però un altro caso di evidente conflitto di interessi. Il colosso dell’energia russo, sponsor della Uefa Champions League, ha stipulato accordi anche con altre squadre europee, alcune delle quali presenze fisse in Champions League con Chelsea e Schalke 04, oltre allo già citato Zenit San Pietroburgo, e progetta di rilevare le quote della Stella Rossa Belgrado, di cui è già sponsor. Ciò nonostante, non ha mai subito alcun tipo di sanzione da parte dell’Uefa. Per tornare in Inghilterra, il già tanto discusso malese Vincent Tan – proprietario del Cardiff – ha concluso nel dicembre 2013 un accordo di cooperazione con l’FK Sarajevo per costruire un’accademia giovanile nella capitale bosniaca. Un investimento da poco meno di cinque milioni di euro, che però nell’economia del calcio bosniaco è piuttosto rivelante.

 Sensi e Gaucci prima di Lotito. In Italia tra i casi più recenti di multiproprietà di squadre militanti in diversi campionati troviamo la famiglia Gaucci, proprietaria fino al 2001 di Perugia (A) e Viterbese (C1), dopodiché di Perugia e Catania, poi ceduto nel 2004 a Pulvirenti. Altra multiproprietà era quella di Franco Sensi, proprietario della Roma e del Palermo nella transizione dalla serie C1 alla serie B, con presidenza lasciata a Sergio D’Antoni.

Le multinazionali del football. Dal 1992 al 2000 la Parmalat del presidente del Parma Tanzi aveva anche il controllo del Palmeiras in Brasile. In Europa, oltre al caso della famiglia Pozzo, proprietaria di Udinese, Granada (Liga spagnola) e Watford (Championship inglese), emergono altri casi di proprietari con più squadre. Il Manchester City, club dello sceicco di Abu Dhabi Mansour, è comproprietario di un franchigia Usa (New York City FC), di una squadra in Australia (Melbourne Heart,) ed ha acquisito il 20% di un club giapponese (Yokohama). Red Bull è proprietaria dei New York Red Bulls, dei Red Bull Salzburg, dei Red Bull Brazil e dei Red Bull Leipzig. Esistono inoltre altri casi di partnership, come quelle di Atletico Madrid e Fiorentina con squadre indiane (Kolkata e Pune) o del Parma con l’NK Gorica in Slovenia.

Calcio e tv in Messico. Il fenomeno delle multiproprietà è invece ben più diffuso nell’America settentrionale e centrale. Negli USA il C.D. Chivas viene fondato nel 2004 dallo stesso proprietario del Chivas de Guadalajara (da cui prende il nome) e del Deportivo Saprissa in Costa Rica. In Messico, TV Atzeca ha acquistato a dicembre l’Atlas di Guadalajara, seconda squadra di sua proprietà dopo il Monarcas de Morelia. Televisa, altro colosso televisivo messicano, è proprietario del Necaxa e dell’America. A queste si aggiungono America Movil, proprietario del 30% del Grupo Pachuca, che controlla Leon e Pachuca. Tuttavia, il presidente federale Decio de Maria punta a vietare la multiproprietà entro il 2018.