Il Napoli chiude nel 2014 il miglior bilancio della sua storia, ma l’aumento dei costi “ipoteca” la crescita del club

Il Napoli è ricco, ma non può spendere. Per quanto possa apparire paradossale è questo il giudizio che si può trarre spulciando i dati del bilancio chiuso al 30 giugno 2014. Un bilancio record nella storia azzurra con un fatturato in crescita del 56% a quota 237 milioni (contro i 151 del 2013) e 20,2 milioni di utile, ma che sconta condizioni eccezionali (in primo luogo, la mega-plusvalenza di Cavani) e soprattutto registra un’impennata dei costi dovuta agli acquisti di star del calibro di Gonzalo Higua, che frena la crescita del club se verranno ancora rimandati gli indispensabili investimenti su infrastrutture e governance. Ma andiamo con ordine.

Ricavi. I ricavi, come detto, hanno avvicinato la soglia dei 240 milioni. Tuttavia non sono tutti ricavi strutturali. Quasi 110 milioni, infatti, derivano da entrate “una tantum”: dalla partecipazione alla Champions e all’Europa league dopo l’eliminazione dal girone nella scorsa stagione sono arrivati 40 milioni, mentre le operazioni di calciomercato hanno fruttato plusvalenze per 69,3 milioni (64,3 per Cavani venduto al Psg a 67,8 milioni e 4,2 per Cigarini). Nel 2013 si erano avute invece 31,6 milioni di plusvalenze per la cessione di Lavezzi sempre al Psg.
Gli introiti “standard” (diritti tv, stadio e area commerciale) del club valgono invece intorno ai 130 milioni. Dai contratti televisivi sono stati ottenuti 64 milioni. Dal botteghino del San Paolo sono arrivati invece 21,5 milioni (15,5 nel 2013) grazie al surplus delle gare europee. L’area commerciale ha portato in cassa 21 milioni (22 nel 2013). In particolare, lo sponsor ufficiale Lete ha garantito risorse per 6 milioni (8 nel 2013), mentre Macron 1,9 milioni (1,7 nel 2013). I proventi da merchandising (prodotti a marchio Napoli) sono stati pari a 2,3 milioni (+0,5 rispetto alla stagione precedente) e quelli da licensing legati allo sfruttamento del brand “Ssc Napoli” pari a 5,7 milioni.
Tra gli altri ricavi si segnalano i 2,2 milioni derivanti dallo sfruttamento dei diritti d’immagine (su cui tanto si è discusso per la politica del club di trattenerli per sè) che nel 2013 avevano fatto segnare entrate per appena 0,2 milioni.

I costi. La nota dolente del bilancio del club di Aurelio De Laurentiis è rappresentata dai costi. La società nel 2014 ha sostenuto “spese” complessive per 203 milioni, aumentate del 42% rispetto al 2013. In particolare, gli ingaggi sono saliti del 33% da 64,6 a 83,6 milioni (più nel dettaglio i compensi per i calciatori sono stati pari a 65,3 milioni per la parte fissa e 7,1 per i bonus e quelli per gli allenatori della prima squadra a 8,6 milioni), mentre la campagna acquisti svolta tra l’estate del 2013 e gennaio 2014 con l’inserimento in organinco di diversi giocatori di prima fascia ha fatto esplodere gli ammortamenti (il costo dei cartellini scaricato su ogni anno, dal Napoli secondo un piano di quote descrescenti che pesano soprattutto all’inizio) del 74%, da 35 a 59,3 milioni. Questo vuol dire che la somma di ingaggi e ammortamenti, che serve pesare il costo effettivo della rosa, arriva nel 2014 a quota 142,9 milioni (contro i 99 milioni del 2013). Vale a dire che i soli costi per potersi permettere l’organico della passata stagione superano i ricavi strutturali del club di almeno 15 milioni. Senza considerare appunto gli ulteriori 50 milioni di spese per il funzionamento della macchina organizzativa. Dato che spiega “oggettivamente” la prudenza con cui è stata condotta la campagna acquisti della scorsa estate. Al consiglio di amministrazione sono andati nel 2014 compensi per 5,1 milioni.

Il “tesoretto” da preservare. Se non aumenta struttulamente i ricavi (a prescindere dalle plusvalenze e dalla partecipazione alla Champions che non rappresentano entrate in qualche modo “certe”), insomma, il Napoli non può permettersi di “mantenere” altri campioni. Anche se i soldi per acquistarli ci sarebbero. Gli otto bilanci in utile consecutivi chiusi dalla società partenopea hanno permesso di mettere in cassa (tra riserve iscritte a bilancio e utili dell’ultimo esercizio) la cifra record per il calcio italiano di 72 milioni (erano 52 nel 2013). Il Napoli inoltre non ha debiti con banche o finanziatori. Ha debiti operativi per 126 milioni (83 dei quali con altri club per affari di mercato) e crediti per 89,6 milioni (di cui 57,8 per il mercato). Ma soprattutto ha in banca al 30 giugno 2014 42 milioni (erano 27 nel 2103). Un tesoretto che potrebbe essere in parte speso a gennaio, certo, ma che verrà utile per tenere in piedi i conti del 2015 che potrebbero vedere per la prima volta un “rosso”, dati i costi certi e alti e il venir meno delle entrate straordinarie del mercato e della Champions.

  • luca |

    Salve Dott. Bellinazzo,
    volevo farle una domanda. In un articolo sul sole24ore del 3 dicembre 2014 parla della SSCNapoli. Quando lei parla di investimenti in governance può farmi un esempio di governance prendendo spunto da altri club. Per esempio con una governance delineata (che ne so la Juventus?).

    La ringrazio anticipatamente

  • luca |

    Salve Dott. Bellinazzo,
    volevo farle una domanda. In un articolo sul sole24ore del 3 dicembre 2014 parla della SSCNapoli. Quando lei parla di investimenti in governance può farmi un esempio di governance prendendo spunto da altri club. Per esempio con una governance delineata (che ne so la Juventus?).

    La ringrazio anticipatamente

  • Luca Carriaggio |

    Salve Dott. Bellinazzo,
    volevo farle una domanda. Quando lei parla di investimenti in governance può farmi un esempio di governance prendendo spunto da altri club. Per esempio con una governance delineata (che ne so la Juventus?).

    La ringrazio anticipatamente

  • Luca Carriaggio |

    Salve Dott. Bellinazzo,
    volevo farle una domanda. Quando lei parla di investimenti in governance può farmi un esempio di governance prendendo spunto da altri club. Per esempio con una governance delineata (che ne so la Juventus?).

    La ringrazio anticipatamente

  • Luca Di Costanzo |

    Gran bell’articolo che mostra sempre di più come il calcio sia una vera e propria economia e non può essere ragionata con una logica vecchia di 60-70 anni.

    Vincenzo permettimi di dissentire. La questione di “forza” mediatica di una squadra non la si misura solo sul numero di tifosi. Roma, solo essendo una squadra della capitale italiana oltre che una delle città più visitate al mondo, ha un impatto sul mondo che Napoli si sogna. L’unica forza del Napoli, come marchio, sul mondo è stata la presenza di Maradona che ci ha messo sulla mappa mondiale.

    Sono certo che molti spettatori del’Olimpico sono turisti in gita a Roma. Turisti che non andrebbero mai al San Paolo.

    Mi domando: il gap come lo si ricuce? Cosa potrebbe metterci sulla mappa mondiale? Ora come ora non saprei. Uno stadio avvenieristico? Un top player? Ahimè di Wembley o Old Trafford ce ne è già uno e di Maradona non ne nascono più. Penso che il tutto debba essere legato alla crescita della città.
    Quindi la crescita del Napoli la vedo dura (e lo dico con dispiacere dato che sono tifoso).

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