La quinta stagione della Indian Super League, iniziata da poche settimane, sembra aver intrapreso un nuovo percorso di crescita dopo il tracollo degli anni passati. La lega di proprietà dei colossi indiani Reliance Industries e Star India rimane sempre alle spalle del cricket in quanto alla popolarità in patria, nonostante le consistenti iniezioni da parte degli sponsor a partire dal 2014. Nel 2017 è stato siglato un contratto con la casa motoristica Hero per la cessione dei naming rights del campionato per 8,3 milioni di dollari annui (poco più di 7 milioni di euro), ma il tasto dolente per la Isl rimangono le cifre al ribasso per ciò che riguarda l’affluenza di pubblico negli stadi. Dopo aver superato quota 26mila spettatori di media nel 2015, nella scorsa stagione si è scesi sotto i 15mila spettatori a partita, mentre quest’anno il campionato è iniziato con una media di circa 16.200 presenti a gara. Un piccolo passo in avanti necessario per andare avanti, perché tolti sponsor e pubblico dal vivo, il calcio indiano non ha altre fonti di ricavi. Gli introiti televisivi, infatti, non finiscono nelle casse dei club. Star India, in quanto co-proprietaria della Lega, possiede i diritti e non li cede ad altre emittenti. Il progetto di crescita a lungo termine della Isl (che deve vedersela anche con la concorrenza della I-League) passa però dalle accademie, divenute obbligatorie per le franchigie partecipanti al campionato. Tutte le squadre hanno un settore giovanile under 13 e il loro sviluppo determinerà il successo a lungo termine del piano di crescita calcistica indiano. Intanto si punta su giocatori nati e cresciuti nei confini nazionali, pur avendo un valore di mercato nettamente inferiore rispetto agli stranieri presenti nel torneo.
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