Torna l’utile grazie al “Modello Udinese”. Nel bilancio al 30 giugno 2019 da poco approvato dal club friulano riappare il segno più, con un miglioramento sensibile rispetto al rosso di 15 milioni dell’esercizio precedente. Le plusvalenze, frutto di quella ricerca e valorizzazione dei giovani talenti che fa parte del core business della società della Famiglia Pozzo (proprietaria anche del Watford in Premier League), e i ritorni economici della ristrutturazione dello stadio, hanno infatti contribuito in maniera determinante al raggiungimento di un utile di 1,1 milioni.
I ricavi
Le entrate del club sono state in totale pari a 113 milioni. Le quote più consistenti sono derivate dai diritti televisivi (40 milioni) e dalle plusvalenze di calciomercato (49,7 milioni): le cessioni più remunerative sono state quelle di Alex Meret al Napoli (26 milioni) e di Jankto alla Sampdoria (14,3 milioni). Lo stadio ha fruttato 6,6 milioni, le sponsorizzazioni e la cartellonistica 5,8 milioni e l’attività pubblicitaria 1,6 milioni. A proposito di sponsor tra cinque mesi scadranno i contratti con Dacia come main sponsor e per la denominazione dello stadio e sono in corso trattative per il rinnovo (mentre la partnership con Macron che ha aperto uno store dedicato nello stadio durerà fino al 2024). Lo stadio, invece, assicurerà in futuro una maggiore redditività per via delle nuove attività accessorie possibili dopo i lavori di ristrutturazione e il via libera delle autorità cittadine (intanto in questa stagione gli abbonamenti sono salito a 13.870). Soprattutto al termine della stagione 2021/22 saranno praticamente estinti i costi di ammortamento dei lavori di ristrutturazione pari a 34,7 milioni (cui si aggiungono 4,5 milioni per il diritto di superficie). Il club friulano infatti ha scelto prudenzialmente di spalmare questi costi non sui 99 anni (350mila all’anno), come pure avrebbe potuto fare, ma di adottare il criterio dell’ammortamento decrescente concentrato nei primi sette anni (a partire dalla stagione 2015/16). Lo sforzo contabile dunque è quasi alla fine. In questo bilancio si tratta di circa 5,5 milioni di costi che nel 2022 sostanzialmente spariranno.
I costi
A proposito di costi della produzione, l’Udinese ha affrontato nella stagione 2018/19 spese per 106 milioni, aumentate rispetto a quella precedente di quasi 20 milioni per via degli investimenti sul parco calciatori (quest’anno è stato deciso per converso di ridurre gli esborsi). Solo gli ingaggi del personale tesserato hanno assorbito quasi 33 milioni, con un incremento di 8 milioni. Gli ammortamenti dei cartellini hanno pesato invece per 31 milioni. In altre parole, per il mantenimento della rosa (ingaggi più ammortamenti) sono stati impegnati 64 milioni.
L’indebitamento
Dal punto di vista patrimoniale l’Udinese si è rafforzata anche con l’incorporazione della Fww nella controllante Gesapar che ha portato in dote una riserva di 12 milioni e soprattutto spazi e immobili funzionali al progetto dell’Academy e allo sviluppo delle attività complementari a quelle sportive da insediare nelle aree sottotribuna dello stadio (con relativi affitti). I debiti totali del club nel frattempo sono cresciuti da 102 a 145 milioni. I 37 milioni di debiti verso banche attengono ai mutui concessi per i lavori edilizi da Credito Sportivo e Banca Mediocredito del Friuli Venezia Giulia. A questi si sommano 18 milioni per finanziamenti dei soci, 11,7 verso il Fisco e 35,5 per acquisti di calciatori. Si tratta in definitiva di un indebitamento fisiologico e sostenibile, anche a fronte di 60 milioni di crediti (50 da calciomercato) e 19 milioni di liquidità.
Le prospettive
Nonostante risultati sportivi che negli ultimi anni non hanno rispettato del tutto le attese di proprietà e tifoseria, il club friulano continua dunque a rispettare la sua politica di rispetto dell’equilibrio economico e può guardare con ottimismo al futuro, specie dopo aver smaltito la maggior parte della “scorie finanziarie” degli investimenti infrastrutturali. Non a caso, il margine operativo lordo, l’indice focalizzato sulla gestione operativa e che tecnicamente evidenzia la salute di un’azienda (non conteggiando interessi, imposte e ammortamenti) è passato da 16 a circa 40 milioni.