Tra Messi e la Serie A il paradosso dei troppi bonus fiscali

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Si fa presto a dire Messi (soprattutto in Serie A). È bastata la clamorosa litigata pubblica tra il direttore sportivo Abidal e la Pulce, con tanto di precipitoso   rientro da Bruxelles del presidente Bartomeu per calmare gli animi, per scatenare i rumors dei giornali sportivi di mezza Europa sul possibile  divorzio anticipato tra il fuoriclasse argentino e il club catalano e  l’approdo in un altro torneo continentale.

La clausola dell’addio
Naturalmente si tratterebbe di un affare per le casse di un top club che, nonostante i 33 anni di Lionel Messi, potrebbe farsi ingolosire dalla clausola inserita nell’ultimo contratto siglato dal sei volte Pallone d’oro attraverso la quale può  liberarsi gratuitamente dal team blaugrana già nel giugno del 2020,  un anno prima della scadenza di contratto, con soli 30 giorni di preavviso.  Dunque, chi fosse interessato al colpaccio non dovrebbe mettere in conto il costo del cartellino e i relativi ammortamenti annuali. Tanto per fare un esempio illustre Cristiano Ronaldo pagato poco più di 100 milioni dalla Juventus con un contratto di 4 anni costa ai bianconeri circa 25 milioni a stagione solo per l’ammortamento.

Lo stipendio di Messi 
Discorso diverso riguarda lo stipendio del giocatore. Messi ha firmato l’ultimo contratto con il Barça nel novembre 2017 con una clausola rescissoria portata da 250 a 700 milioni, salva come detto la facoltà del recesso unilaterale. Lo stipendio attuale è tra i   40/50 milioni netti, quindi con un costo per la società di circa  80/90 milioni lordi a stagione. Su queste cifre in realtà esistono versioni discordanti. Per il Mundo Deportivo, ad esempio,   Messi percepirebbe dal Barcellona uno stipendio da 50 milioni  lordi a stagione, che con un’aliquota al 48% equivale a 26 milioni di euro netti, mentre per la Gazzetta dello Sport lo stipendio sarebbe pari a 75 milioni lordi e a circa 40 milioni netti.
Premi e diritti di immagine Nel 2017 Leo, il padre Jorge e il fratello Rodrigo, peraltro, hanno ottenuto  un premio alla firma dell’accordo pari a 100 milioni, da spalmare sui 4 anni del contratto, anche per compensare le sanzioni pagate al Fisco spagnolo, a fronte di diverse irregolarità riscontrate, per un ammontare di circa 50 milioni. C’è da dire poi che Messi  incamera il 100% dai suoi diritti d’immagine, mentre di solito i club della Liga detengono per sé almeno il 50% di queste royalties. Non a caso per l’anno 2019  Forbes stima per l’argentino un reddito annuale pari a 127 milioni di dollari, cifra che gli ha permesso per la prima volta  in carriera di salire sul gradino più alto della classifica degli atleti meglio remunerati al mondo, superando  Cristiano Ronaldo e Neymar.

Il Fisco italiano 
A interessarsi a Messi, in definitiva, dovendo sobbarcarsi  “solo” l’ingaggio, potrebbero essere anche i club italiani di vertice,  e soprattutto l’Inter.   Le società di Serie A, come meno munizioni finanziarie dei big europei,  potrebber0 giovarsi delle agevolazioni fiscali   introdotte negli ultimi anni. Ma paradossalmente  i bonus  in vigore in Italia potrebbero rendere tutt’altro che lineare l’operazione, innescando un conflitto  di interessi milionario tra club e atleta. Ecco perché.

Meglio “neo residente” o impatriato?
I giocatori possono beneficiare di entrambi i regimi. Per cui si porrà il dilemma se optare per quello dei “neo residenti”, sicuramente più vantaggioso per chi è  titolare di ingenti redditi ed investimenti esteri, oppure per quello degli “impatriati”, che applicandosi ai soli stipendi per le prestazioni sportive è più vantaggioso per i club.

Cristiano Ronaldo
Da due anni, i  calciatori   possono usufruire  della misura sui cosiddetti “neo residenti” introdotta dalla legge di stabilità del 2017: in pratica, su tutti i proventi esteri derivanti da investimenti immobiliari, dividendi, capital gain e diritti di immagine è possibile pagare solo 100mila euro di tasse all’anno. Per accedere a quest’agevolazione  si può anche avviare  un confronto preliminare con l’agenzia delle Entrate (attraverso un “ruling”) per stabilire esattamente qual è il perimetro dei guadagni esteri e quali invece vanno comunque considerati come prodotti in Italia pagando l’aliquota piena. Ovviamente a patto di non essere  stato residente fiscale in Italia nei nove anni (su dieci) precedenti al trasferimento. Zlatan Ibrahimovic, ad esempio, avendo giocato in Italia fino alla stagione 2011/12 non può sfruttare questa facoltà. Cristiano Ronaldo ha  aderito a questo sistema. Nel suo caso, però,  non era ancora stata varato il beneficio alternativo sui cosiddetti “impatriati”.

Impatriati 
Questa agevolazione è stata estesa ai calciatori e agli sportivi professionisti solo il 30 aprile del 2019 con il Decreto Crescita con  un abbattimento del 50% del carico fiscale (tecnicamente dell’imponibile su cui si applica l’Irpef). Nel caso delle società di calcio che concordano con i propri tesserati gli ingaggi al netto delle imposte ciò comporta un significativo risparmio sul costo del lavoro: su uno stipendio netto di 5 milioni all’anno per 5 anni, il costo totale del calciatore per il club è di 36,4 milioni anziché di 49,5, con un risparmio di 13,1 milioni. Ibra in teoria potrebbe approfittarne, anche se deve mantenere la residenza in Italia per almeno due anni (cosa che attualmente non è certa poiché è stato ingaggiato per soli 6 mesi).

Il dilemma di Messi
La Pulce potrebbe accedere invece ad entrambi i regimi.  Ma  nel suo caso, avendo proventi diversi dallo stipendio superiori ai 50 milioni di  dollari all’anno troverà senz’altro più attraente il regime dei neo residenti.  Circoscritto il perimetro dei redditi prodotti all’estero ci pagherebbe solo 100mila euro all’anno! Questa scelta però, dato che i regimi sono alternativi, impedirebbe al club potenzialmente interessato ad avvalersi delle sue prestazioni di applicare l’altro regime degli impatriati e quindi sarebbe costretto a pagare – garantendo a Messi un certo stipendio netto –  le imposte piene e non con lo sconto del 50%. Ipotizzando  un compenso di 40 milioni netti a stagione significherebbe, grosso modo,  un costo per il club  raddoppiato  e un mancato sconto di circa 20 milioni. Certo Messi costerebbe all’anno quanto Cr7, che pesa sui conti della Juve per circa 85 milioni all’anno  (31 di ingaggio netto, circa la stessa  cifra per le ritenute  fiscali e 25 milioni di ammortamento). E magari potrebbe,  scegliere l’Italia pur di fronte a uno stipendio più basso di quello attuale, contando sui risparmi fiscali per i suoi introiti esteri.
Abbastanza perchè l’Inter o qualcun altro possa farci un pensierino, anche rinunciando al bonus per gli impatriati?

  • agostino ghiglione |

    Caro Marco,
    chi avrebbe mai pensato che quella norma “fiscale” fatta per favorire il rientro dei nostri cervelli dall’estero si trasferisse ai “piedi” dei giocatori famosi e non.Insomma un po come la Legge del 2002 modificata nel 2005 dal Governo Berlusconi e definita “salvaLazio” che fu utilizzata anche da altri 155 imprenditori italiani prima che la Consulta la abrogasse perchè Anticostituzionale.In quel caso i debiti fiscali ,contributivi etc venivano spalmati su più anni e senza more e/o interessi.Nel caso della S.S. Lazio(quotata in Borsa) 140 mio pagabili in 23 anni.

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