A cinque anni dalla miracolosa vittoria del campionato, il Leicester prova sul campo a consolidarsi nell’oligopolio delle “big six” in Premier League. Fuori dal terreno di gioco, invece, paga il non essere riuscito ad inserirsi tra le prime quattro in classifica, perdendo così i proventi della Champions League che avevano permesso alle Foxes di registrare ricavi da record nel 2017. Un obiettivo soltanto sfiorato nella passata stagione, in un’annata chiusa con una perdita ante imposte di 78 milioni. Il bilancio del Leicester al 30 maggio 2020 si è chiuso in rosso, con ricavi in calo rispetto all’anno precedente a causa del Covid-19 e della momentanea sospensione del campionato, con dieci partite (di cui cinque in casa) disputate oltre la data di chiusura dell’esercizio, tra campionato e coppe.
Il club, controllato dalla thailandese King Power, ha chiuso il 2020 con un fatturato di 174 milioni di euro, principalmente caratterizzato dai proventi televisivi, pari a 125 milioni di euro. Entrate che, senza la pandemia, sarebbero state maggiori: nel conto mancano 32 milioni di ricavi media rinviati al prossimo esercizio per le partite giocate da giugno in poi, oltre a 6 milioni da sponsor e pubblicità, che nella passata stagione hanno portato in casa poco meno di 25 milioni di euro. In totale, dunque, fanno 38 milioni di introiti dirottati sul 2021, che avrebbero portato l’intero monte ricavi a 212 milioni di euro. Nel 2019, il fatturato era di 178,4 milioni di sterline, pari a 203,3 milioni di euro al cambio di allora. Le restrizioni causate dalla pandemia, invece, hanno portato ad un passo indietro sul fronte dei ricavi, ma non per i costi, pari a 288,5 milioni di euro (al cambio, 248,5 milioni di sterline, in aumento del 6,3% nel corso dell’ultimo anno).
Tra Covid-19 e costi in aumento, il Leicester ha dovuto fare i conti con il secondo esercizio consecutivo in perdita. Il trend, dall’anno della vittoria in Premier League, è in continuo peggioramento: nel 2016 le Foxes hanno registrato utili per 20 milioni di sterline, aumentati a 80 nell’anno della prima (e finora unica) partecipazione alla Champions League. Da lì in poi, il progressivo aumento dei costi per cercare di rientrare nel giro europeo ha portato i conti in rosso. Nel 2018 il bilancio si è chiuso sostanzialmente in pari (con un utile di 1,5 milioni di sterline), poi nel 2019 è spuntato il segno meno, con un rosso di 17,4 milioni di sterline, fino al record del 2020: perdite ante imposte per 67,3 milioni di sterline, pari a più di 78 milioni di euro. A poco è servito un altro record, quello della cessione di Harry Maguire al Manchester United per 80 milioni di sterline, che ha permesso al Leicester di chiudere il mercato della passata stagione con un saldo attivo per 63,1 milioni di sterline (73,3 milioni di euro).
I risultati negativi dell’ultimo esercizio, comunque, non scoraggiano la dirigenza del Leicester, che non ha aderito al Job Retention Scheme, continuando a pagare i propri dipendenti. Nel comunicato con cui si annuncia la pubblicazione del rendiconto finanziario, inoltre, viene sottolineato come il club abbia effettuato “investimenti verso una crescita finanziaria a lungo termine” per la futura espansione dello stadio. Nella nota integrativa dell’ultimo bilancio, infine, viene specificato come la società faccia affidamento su finanziamenti continui da parte della proprietà e delle banche. In quest’ultimo caso, Macquarie Bank ha aperto un’ulteriore linea di credito da 16,4 milioni di sterline oltre a quella da 45 milioni con scadenza fissata a gennaio 2022. La stessa banca australiana vanta crediti per 64,6 milioni di sterline (75 milioni di euro) garantiti su altri crediti attesi dalla Premier League e da operazioni di mercato. Una ragione in più per cercare di riconquistare i proventi della Champions League, a cinque anni dall’impresa compiuta con Ranieri in panchina.